Home » La crisi sudamericana

Per il quarto Mondiale consecutivo il Sud America resta senza la coppa, alzata per l’ultima volta dal Brasile nel 2002. In Russia però si è toccato probabilmente il punto più basso del calcio sudamericano: nessuna squadra infatti è riuscita ad andare oltre i quarti di finale.

La grande favorita per la vittoria del titolo alla vigilia era il Brasile, che però in Russia non ha mai pienamente convinto come nelle qualificazioni ed è stato eliminato da un Belgio scopertosi anche cinico nei quarti di finale. Tite sembrava aver trovato un equilibrio perfetto e la squadra presentatasi in Russia pareva quasi non avere punti deboli. Già all’esordio contro la Svizzera però non si è visto un Brasile brillante, ipotesi confermata nella partita contro la Costa Rica vinta solo negli ultimi minuti. Negli ottavi di finale i verdeoro hanno giocato la loro miglior partita contro il Messico, salvo poi steccare il primo vero appuntamento importante perdendo col Belgio. Dopo il 7-1 subito in casa dalla Germania, un’altra grande delusione per i brasiliani, che questa volta credevano seriamente di poter aggiungere la sesta stella. Molte critiche anche per Neymar, reo di aver più pensato a tuffarsi e ad accentuare i colpi ricevuti che a giocare.

Dell’Argentina abbiamo già ampiamente parlato dopo l’eliminazione avvenuta negli ottavi di finale per mano della Francia futura vincitrice. L’Argentina è risultata essere una squadra incapace di costruire la manovra sia quando veniva pressata nella propria metà campo, sia quando l’avversario si chiudeva nella propria area difendendo con tutti gli effettivi. Il tutto unito a una costante imprecisione che ha finito per vanificare tutto il talento del reparto offensivo, con Messi sempre costretto ad abbassarsi per andarsi prendere il pallone.

Sono quattro anni che la confusione regna sovrana all’interno dell’AFA e dopo la rescissione consensuale del contratto con Sampaoli resta da vedere chi sarà il quinto Commissario Tecnico degli ultimi cinque anni. Simeone, Pochettino e Gallardo i nomi preferiti da Tapia, tutti però molto difficile da raggiungere. Molto più concreto invece sembra essere il ritorno di Pekerman.

Ai punti quindi ancora una volta il miglior risultato è stato quello ottenuto dall’Uruguay, che, dopo aver superato il girone senza prendere gol e aver eliminato il Portogallo, si è arreso alla Francia senza poter contare sull’infortunato Cavani. La squadra di un encomiabile Tabárez, in panchina nonostante la malattia che lo affligge da qualche anno, ha ruggito il suo obiettivo coi quarti di finale facendo vedere giovani interessanti a centrocampo per un ricambio generazionale che sarà inevitabile negli anni a venire. L’unica pecca è essere stati eliminati per aver subito due reti di testa, con la fase aerea che è sempre stata un punto di forza della Celeste negli ultimi anni.

Un po’ di delusione invece per la Colombia, eliminata negli ottavi di finale ai calci di rigore dall’Inghilterra. Ripresasi con due vittorie dopo il ko all’esordio contro il Giappone, la squadra di Pekerman ha giocato male contro gli inglesi riuscendo ad acciuffare il pareggio nei minuti di recupero grazie al difensore-goleador Mina. Il giocatore del Barcellona ha infatti segnato più gol di tutti gli attaccanti messi insieme, fatto grave visto il talento del reparto offensivo colombiano, anche se va detto che è pesato molto l’infortunio di James Rodríguez.

Chiudiamo col Perù, che ha fatto vedere un ottimo gioco ma ha pagato a carissimo presso l’inesperienza dovuta all’assenza dai Mondiali dal 1982. La prima partita contro la Danimarca era infatti già uno spareggio per il secondo posto e a questi livelli se sbagli il calcio di rigore che può portarti in vantaggio vieni punito. Gareca però ha dimostrato di aver costruito un’ottima squadra, che potrà far bene negli anni a venire in Copa América e potrà qualificarsi anche per Qatar 2022.

Piccola nota sul Cile. I bi-campioni d’America hanno infatti clamorosamente mancato la qualificazione in Russia giocando un pessimo girone sudamericano chiuso al sesto posto. Dopo un triennio d’oro, la Roja ha visto sgretolarsi tutte le sue certezze e vista l’alta età media dei suoi giocatori più importanti sarà inevitabile ricostruire per il prossimo ciclo. Toccherà farlo al colombiano Rueda, scelto per guidare il Cile alla difesa del titolo continentale nel 2019 in Brasile e per riportare la Roja ai Mondiali nel 2022.