Non potrà essere una finale normale. Da una parte ci sarà un campione che già conosce l’ebbrezza tutta speciale di trionfare ai Championships, dall’altra un maratoneta, reduce dalle corse più importanti e lunghe della sua vita. L’instancabile corridore Kevin Anderson ne ha affrontate due di sfide, per un totale che supera le 10 ore di lotta, ma soprattutto ha sciorinato qualità, prerogativa indispensabile, oltre al cuore, per insediarsi stabilmente nell’élite dell’All England Club. Impresa non facile soprattutto se devi farti perdonare qualche sgarro recentissimo. Ma Neanche il tempo che un intero popolo potesse smaltire la coltellata inflitta a Federer, che il sudafricano ha tramutato le braccia conserte in applausi, musi corrucciati in espressioni stupite, ma compiaciute: il risultato inevitabile di uno scontro epico che ha appassionato proprio tutti. La seconda partita più lunga di Wimbledon, la semifinale più duratura di sempre che ha una storia tutta speciale: Anderson-Isner, uno scontro annunciato di servizi e scambi corti, divenuta una delle sfide più belle della storia.
Un altro orpello che arricchisce la trama è che l’americano detiene insieme a Mahut il record di match più lungo di questa disciplina (11 ore e 5 minuti). In quell’occasione ne era uscito lui, vincitore e barcollante, ma felice prima di vedere il suo nome scritto insieme a quello dell’avversario su una placca commemorativa sul campo 18, teatro dell’impresa. Il palcoscenico si è spostato stavolta sul Centrale, e il duello, a otto anni di distanza, stavolta è stato particolarmente avvincente e gradevole per gli amanti dell’estetica. Isner e Anderson si giocavano l’appuntamento più importante della carriera, il sudafricano ora si ritroverà sicuramente nella storia per quarti e semifinali dai contorni epici, ma forse non per l’ultimo atto di Wimbledon che, ahi lui, affronterà con il peso di tante ore di tennis accumulate in pochissimi giorni.
Bisogna comunque essere cauti, perché le imprese del #9 del ranking sono già in striscia di 2, e la magia dello slam inglese potrebbe propiziarne un’altra, o almeno non escludere che tutto sia possibile.
Difficile dire cosa abbia pensato Anderson al termine di un match archiviato solo per K.O. tecnico, per esser stato in piedi solo un attimo prima del suo avversario. Sul Centrale si invocava un pareggio impossibile, ma che avrebbe reso giustizia a tutti. In molti si interrogavano sulla necessità di introdurre il tie-break a Wimbledon mentre Isner, che torna a casa con il record di ace del torneo (214), si è trascinato (a un certo punto) dolorante fino alle 6 ore e quaranta di gioco. Chissà quanto i suoi pensieri siano volati al match di 8 anni fa; fatto sta che è stato lui il primo a scricchiolare.
Il trend del match è stabilito dai servizi, ma le potenti battute lasciano spazio a molti scambi combattuti, a 6 palle break trasformate in un incontro infinito. Certo, innegabile stabilire l’importanza di una buona prima nel determinare alcuni momenti rilevanti. Lo sa bene Long John che, una volta al quinto, si è salvato più volte dallo 0-30 con sassate centrali o esterne. Più si andava avanti più le occasioni sembravano diminuire. Prima qualche crampo per Anderson, che ha resistito fino alla lenta consapevolezza di essere lui a dover dare la zampata vincente, poi il crollo di Isner, caduto in ginocchio dopo l’ultimo break concesso e un game in risposta che è il lento disvelamento della sconfitta.
La fine più brutta, ma qualunque epilogo avrebbe lasciato una punta di dispiacere. Possiamo stabilire un criterio per giustificare la vittoria del sudafricano, ed è un dato spaventoso: 24 errori non forzati, in più 298 punti contro i 271 del rivale. Numeri che sanciscono una superiorità necessaria, ma non effettiva. Un’altra pagina di storia è stata scritta, un altro squarcio di riflessione è stato aperto sulla questione tie-break al quinto set. La lunga durata non avrà fatto piacere a Nole e Rafa, gli altri semifinalisti, ma questo regolamento “arcaico” ha regalato emozioni indelebili sull’erba del centrale. Vedremo se Anderson, che vede compromessa la possibilità di essere al meglio, riuscirà ad essere competitivo nella sua seconda finale slam, contro un Djoković in ripresa. Comunque vada, per lui sarà un Wimbledon indimenticabile.