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Verso Wimbledon – Un’altra superficie, un altro Re

Cambiano le superfici e si passa a un altro sport, dalla terre rosse romanze, ai prati germanici che al culmine dello spettacolo vedranno i riflettori puntati sul giardino esclusivo dell’All England Club. È lì che si scriverà la storia, e la penna è già nel polso fermo di Roger Federer in procinto di incidere il numero 9: lo svizzero fa scarabocchi di preparazione, ma attende con frenesia l’inizio di Wimbledon, mentre tra una partita e l’altra qualche pensiero lo riserva anche ai Mondiali. Così si twitta di calcio, sulla Svizzera, con lo stesso fair-play che il neo re del ranking suole esibire in campo: complimenti ai ragazzi di Petković e augurio di un buon proseguimento al Brasile, sobria eleganza nella comunicazione come nei colpi, sfavillanti nonostante i mesi di inattività.

I giochi sono diversi così come i protagonisti, nel percorso che porta dritto a Wimbledon. Si risvegliano i giganti dal servizio d’acciaio, adesso sono loro gli eredi a un trono che indugia nostalgicamente alla successione. Il centro dell’attenzione, in un certo senso, si sposta da Nadal a Federer, in perfetta sincronia con il cambio di superficie e di classifica. Le strategie dei due immortali del tennis potevano sembrare analoghe fino a qualche giorno fa, ma la speranza di vedere Wilson e Babolat incrociarsi sul centrale inglese, di nuovo, a 10 anni di distanza  dall’incontro più bello della storia di questo sport, resiste. Questo perché il mancino di Manacor, lungi dal’applicare una meticolosa preparazione sull’erba come quella sul rosso, vuole andarci a Wimbledon, pur con le dovute cautele. Prudenza, unita a necessità di riposo che hanno di fatto determinato il suo forfait al Queen’s. Almeno così ha dichiarato qualche giorno fa a Mundo Deportivo.

Una curiosità legata a questo momento stagionale potrebbe riguardare il numero di terraioli in grado di sopravvivere e adattarsi. Due gli osservati speciali: Thiem e Zverev (non brillantissimo nelle sua prima uscita stagionale sull’erba), papabili successori di Nadal che a Parigi hanno dovuto riconoscere di avere ancora un gap notevole da colmare con The King of Clay. Riprende ora la partita di Kyrgios e Raonic, sono loro gli specialisti che, dopo il silenzio primaverile, attentano al dominio di Federer. A Stoccarda non ci sono riusciti, ma entrambi sono sembrati in buona forma: parliamo del fisico del canadese, finalista due anni fa, e in cerca di rilancio, della testa e dell’incostanza dell’australiano, a oggi i maggiori ostacoli di una fioritura rigogliosa.

Uno degli uomini da battere potrebbe essere Marin Čilić, che in meno di 12 mesi ha perso due finali slam contro Federer, la prima proprio all’All England Club. Il croato è reduce da un buon Roland Garros, dove è riuscito a trasporre con efficacia il suo diritto atomico. Parola anche a Juan Martín Del Potro, che a Parigi aveva sconfitto proprio Čilić ai quarti prima di cedere il passo a Nadal nel match successivo, senza storia. Grigor Dimitrov potrà giocarsi l’ennesima possibilità per scrollarsi di dosso l’etichetta di talento incompiuto: ma dovrà fare molto di più dopo un inizio di stagione non proprio esaltante. Reclamano spazio gli americani Isner e Sock, quest’ultimo caduto un po’ nel dimenticatoio dopo la bella fine dei 2017, i semifinalisti (un po’ a sorpresa) dell’ultima edizione Querrey e Berdych si auspicano di giocare un buon torneo. Novak Djoković invece spera che lo slam vinto 3 volte sia la sua occasione per ritornare in alto. Poi c’è l’idolo di casa Andy Murray, al rientro dopo un calvario annuale, dopo i problemi infiniti all’anca: lui ha detto di avere poche aspettative, difficile che il #156 del ranking possa tornare subito da protagonista, anche se al Queen’s contro Kyrgios, dopo un anno lontano dai campi, ha mostrato di aver ancora qualcosa da dire nonostante la sconfitta, in 3 set, dopo più di due ore e mezza di gioco. Abbassare l’asticella, una premessa indispensabile per alleggerire la pressione, sarà probabilmente la miglior strategia per lui e anche per Stan Wawrinka, che però con l’erba non ha mai avuto un feeling particolare. Chissà invece come la penserà il pubblico britannico, che forse riporrà più speranze in Kyle Edmund, piuttosto che spingere Richard Gasquet verso un’altra semifinale dopo le due inserite nel curriculum. Ex enfant-prodige francese che il giorno prima del suo 32esimo compleanno si è regalato il titolo ATP numero 15 sull’erba olandese di Hertogenbosch, prima di abbandonare subito Halle, debellato da Mayer. Un altro enfant-prodige può inoltre essere considerato Denis Shapovalov, biondino nato a Tel-Aviv ma dal passaporto canadese e il cognome russo: a Wimbledon ha già vinto due anni fa il torneo juniores, a diciannove anni ha colpi e talento che fanno immaginare grandi cose. Vorrà sicuramente migliorare il suo risultato dopo la sconfitta al primo turno del 2017, perché l’erba sembra proprio la sua superficie. Da lui e dagli altri colleghi Next-Gen si aspettano risposte slam, con l’aspettativa di vederne almeno uno ai vertici, come accaduto a Chung  agli Australian Open.

Le speranze azzurre invece sono quelle di vedere un Fognini competitivo anche a Wimbledon: tecnicamente le caratteristiche le avrebbe tutte per affermarsi, ma il campo, si sa, è un altro discorso. Poi c’è la favola Cecchinato. Sarebbe bello vedere una continuazione  proprio sul suolo britannico, perché anche il siciliano potrebbe adattarsi bene alla superficie. A patto che riesca a mantenere quella maturità da veterano esibita in Francia.