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Russia 2018 – Amnesty International e il suo “Team Brave”: la squadra dei difensori dei diritti umani in Russia
Nelle scorse settimane, abbiamo assistito alle convocazioni ufficiali di tutte le 32 Nazionali partecipanti a Russia 2018. A queste, però, si è “aggiunta” negli scorsi giorni una 33esima, simbolica convocazione: non diramata da una Nazionale, bensì dall’organizzazione internazionale Amnesty International, da tempo attiva in materia di diritti fondamentali nel Paese che ospiterà i prossimi Mondiali e che non ha fatto mancare negli ultimi mesi un’intensa campagna di attivismo e comunicazione volta a svelare la situazione spesso poco trasparente in materia di tutela di tali diritti. Si tratta di una rosa di undici “giocatori” provenienti da ogni parte della Russia (luoghi in gran parte coincidenti anche con le città che ospiteranno le gare nei propri stadi), ma che hanno delle storie in comune: l’aver dedicato la propria vita alla difesa dei diritti umani.
La squadra si chiama Team Brave ed è una formazione immaginaria composta da attivisti che “hanno combattuto per mettere fine alle torture da parte della polizia, difendere l’ambiente, i diritti LGBTI e delle donne, l supporto alle vittime delle violenze domestiche: sono loro i veri campioni in Russia”, come affermato dall’attivista di Amnesty Inga Kelekhsaeva. “Mentre riesce l’attesa per la Coppa del Mondo, noi vogliamo sottolineare il lavoro di coraggiosi uomini e donne che rischiano la propria vita e libertà per difendere i diritti umani in Russia”.
I selezionati sono questi:
- Oyub Titiev (Grozny), direttore dell’ufficio dell’Organizzazione Non Governativa Memorial, che si occupa di rendere pubbliche attraverso libri, riviste, mostre e web le sofferenze delle persone private dei loro diritti, soprattutto per motivi politici, oltre ad aver dedicato buona parte dei propri progetti al tema della repressione politica dell’ex Unione Sovietica nei gulag, fino a documentare la scomparsa di più di 20 milioni di persone. Oggi l’Associazione segue da vicino ciò che accade in Cecenia, essendo una delle poche ONG ad aver mantenuto attivo un ufficio nella capitale Grozny. L’attività, però, è stata duramente ostacolata dalle autorità politiche e lo stesso Titiev è stato incarcerato lo scorso gennaio con accuse infondate e false.
- Andrei Rudomakha (Sochi), direttore di Environmental Watch on North Caucasus, un’organizzazione che si occupa di diritti ambientali e che documenta numerosi casi di violazioni in questo ambito. Lo scorso 28 dicembre, Rudomakha e altri colleghi sono stati violentemente aggrediti e derubati degli zaini contenenti telecamere e materiale multimediale con cui avevano documentato la costruzione illegale di un resort di lusso in una riserva naturale protetta sulle coste del Mar Nero.
- Irina Maslova (San Pietroburgo), fondatrice del movimento Silver Rose in difesa dei diritti delle prostitute. Questa associazione garantisce tutela, aiuti e vestiti alle prostitute, spesso vittime di umiliazioni e maltrattamenti e considerate da molti cittadini come dei criminali (mentre per la Maslova “si tratta di una scelta di necessità, ma è libera scelta”). Con lo scopo di modificare in futuro anche le dure leggi russe in materia, ben poco inclini alla tutela dei diritti delle sex workers, la Maslova e il suo movimento sono oggetti di ripetute critiche e attacchi, anche online, diretti a richiedere l’eliminazione di tale Associazione e la stessa fondatrice vive costantemente nel rischio di subire aggressioni.
- Igor Nagavkin (Volgograd), Presidente dell’Organizzazione di Volgograd per la Protezione Sociale e Legale dei Condannati e Detenuti. Spinto dalla volontà di ricercare la verità sulla morte oscura del fratello Misha (arrestato per sospetto spaccio di droga e portato in un centro di detenzione preventiva, dove avrebbe subito violenze e maltrattamenti disumani), Nagavkin fu uno dei primi ad adoperarsi nel suo territorio per difendere i diritti dei detenuti, spesso vittime di torture, maltrattamenti e morti atroci, combattendo anche contro la criminalità organizzata in un ambiente travolto dalla corruzione anche delle autorità. Ostacolato in più occasioni da minacce e false accuse, Nagavkin è stato arbitrariamente arrestato nell’ottobre 2016 con accuse false e infondate e condannato a 5 anni di reclusione.
- Valentina Cherevatenko (Rostov-on-Don), attivista sui temi dei diritti delle donne e fondatrice/presidente dell’ONG Donne del Don. Nata nel pieno della crisi politica ed economica successiva alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, l’Associazione si è occupata da subito di tutte le donne ridotte in condizioni di emarginazione sociale (madri single, nonne con nipoti orfani). Oggi è uno dei principali riferimenti per tutti coloro che soffrono di violazioni dei diritti umani e, in particolare, per le donne vittime di violenze, a cui offrono tutele, assistenza psicologica e legale: un fenomeno già drammaticamente vissuto durante la guerra in Cecenia degli anni ’90 e oggi in continua crescita.
- Igor Rudnikov (Kaliningrad), un giornalista indipendente che ha investigato su numerosi casi di corruzioni fino al suo arresto arbitrario nel 2017. Fondatore del giornale Novye Kolyosa nel 1995, Rudnikov ha dato il via a numerose inchieste che hanno portato all’arresto di diversi funzionari per corruzione: una situazione che l’ha reso inviso a numerosi esponenti pubblici e che potrebbe aver un legame con le false accuse che lo hanno portato in carcere.
- Oksana Berezovskaya (Samara), leader del movimento Avers sulla tutela dei diritti LGBTI. In contrasto con le rigide leggi russe in materia di riconoscimenti di diritti agli omosessuali, l’Associazione è nata con lo scopo di contrastare la legge Milonov (poi approvata) che vietava la “propaganda omosessuale” e ha in seguito organizzato manifestazioni in favore dei diritti LGBTI, creato centri dedicati agli omosessuali e alle loro famiglie dove poter parlare ed essere se stessi, offerto assistenza psicologica e legale gratuita.
- Igor Kalyapin (Nizhny Novgorod), fondatore del Comitato Contro la Tortura. Arrestato con accuse non chiare e infondate, Kalyapin fu vittima di gravi violenze durante il periodo di detenzione, costretto a vivere in condizioni disumane con celle sovraffolate, mancanza di luce e aria. Dopo essere uscito anticipatamente dal carcere per l’arresto dei veri criminali del reato per cui era stato accusato, Kalyapin ha fondato il suo Comitato, con cui si occupa di rovesciare decisioni illegittime, documentare casi di tortura e assicurare condanne per gli autori di queste: l’obiettivo è quello di cercare giustizia e riparazione per le vittime di gravi violazioni dei diritti umani, garantendo alla società maggiore libertà anche nel denunciare i soprusi subiti.
- Yulia Fayzrakhmanova (Kazan), attivista sulla difesa dei diritti umani ambientali. La sua più celebre attività si è svolta lo scorso anno, quando assieme ad altri attivisti protestò nel freddo del novembre russo contro la costruzione di un parcheggio, rimasto inutilizzato, per lo stadio di Kazan in vista dei Mondiali: una costruzione sorta nei pressi del fiume Kazanka, un’area di grande bellezza naturale e ricca sul piano della fauna e della flora. Negli anni, ha partecipato a numerose manifestazioni per contrastare costruzioni abusive e per favorire la nascita di nuovi luoghi verdi sul territorio.
- Aleksei Sokolov (Ekaterinburg), direttore del Legal Basis Group. Arrestato negli anni ’90 per motivi ben poco chiari e condannato a 7 anni di carcere nonostante le evidenti prove della sua innocenza, Sokolov ha subito brutali violenze nel periodo di detenzione da parte della polizia penitenziaria, venendo anche ridotto in isolamento. Una volta uscito dal carcere, fondò il Legal Basis Group, Associazione finalizzata alla tutela dei detenuti e in grado di vincere diverse cause che hanno portato all’arresto di chi, tra la polizia penitenziaria, si era macchiato di orrende violazioni dei diritti umani in carcere. Tale attività, però, espose ancora di più Sokolov, arrestato ancora nel 2009 e condannato a 5 anni di carcere, salvo ottenere in seguito riduzioni di pena in appello e l’intervento della Corte Europea dei Diritti Umani, che condannò la Russia per la violazione di diverti articoli della Convenzione (detenzione arbitraria e illegale, negazione della possibilità di salutare i parenti morti durante il periodo in carcere, trasferito in un’altra regione per scontare la pena, contrariamente a quanto stabilito dalla legge nazionale). Dopo la sua nuova liberazione, Sokolov e un gruppo di altri attivisti continuarono la propria attività di monitoraggio degli istituti penitenziari, nonostante le pressioni arrivate dalle autorità che hanno cercato di fermare il loro operato con multe crescenti: lo scorso anno è stato realizzato il filmato Torture factory or Educational Experience, in cui furono documentate le gravi violazioni di diritti umani commessi dall’amministrazione penitenziaria del carcere IK-2, situato a breve distanza dal luogo dove sorge lo stadio di Ekaterinburg.
- Vasiliy Guslyannikov (Saransk), fondatore dell’ONG Mordovian Republic Human Rights Centre, che si occupa della tutela dei diritti umani in materia di cause sulla proprietà, lavoro e di questioni economiche. Già attivo sul piano politico nel periodo della Perestroika ed eletto come membro del Soviet Supremo della Repubblica Socialista Sovietica Autonoma di Mordovia, Guslyannikov cominciò a indagare su numerosi casi di corruzione che riguardavano i membri del Partito Comunista, ma dopo aver presentato il dossier al Soviet Supremo, fu vittima di ripetuti attacchi violenti. Eletto Presidente della Repubblica Socialista Sovietica di Mordovia, fu poi estromesso dal potere per accuse di corruzione e tornò a occuparsi della tutela dei diritti umani: accuse che, sul piano giudiziario, si rivelarono infondate, vincendo più di 50 cause legali.