Numeri uno sul trono di Parigi: tutto, o quasi, secondo i piani. Perché se l’undicesima volta di Rafa Nadal coincide con un pronostico abbastanza prevedibile, il primo slam di Simona Halep non era proprio così scontato, per la fitta concorrenza, per l’onere e il peso di tre finali perse su tre a macchiare il curriculum della rumena. E quando cala il sipario sull’ultimo punto giocato allo Chatrier i verdetti sono inappellabili, soprattutto se si commenta il tabellone maschile. Le sensazioni che suggerivano un ennesimo rimando per un passaggio di consegne generazionale si sono dimostrate assolutamente veritiere. Lo spagnolo è almeno due passi avanti ai suoi potenziali rivali: e non si parla solo della velocità supersonica degli spostamenti, di un tennis mutato negli anni ma sempre garanzia di dominio; occorre evidenziare soprattutto una superiorità mentale quasi irreversibile. E le impressioni, quando Nadal alza timidamente le braccia al cielo e Dominik Thiem sospira sconsolato a bordo campo, sono abbastanza univoche: ad oggi il divario con gli avversari può colmarsi solo grazie a un calo del maiorchino. Per le donne, il trionfo della Halep lascia intravedere invece una nuova era, quella di un primato finalmente suggellato da successi importanti.
Partiamo dunque da uno degli ultimi fotogrammi dello Chatrier per raccontare il Roland Garros 2018. La timida esultanza di Nadal è eloquente per rappresentare l’abitudine al trionfo, ma non può certo svellere l’intenso lavoro e l’impegno che hanno consegnato per l’undicesima volta al mancino di Manacor lo scettro di Parigi. Thiem, condannato all’ennesima attesa di una consacrazione major, le ha provate tutte, l’austriaco che sapeva come batterlo dopo un gran torneo ha dovuto rassegnarsi di fronte ad una superiorità pressoché totale e addirittura frustrante: tecnica, fisica e mentale. La sua unica colpa è sta quella di non aver saputo dare continuità allo “straordinario”: nei momenti in cui ha dovuto rifiatare per aver alzato troppo la sua asticella, è caduto vittima di un pitbull che non ha mollato più l’osso, spolpato lentamente ma con precisione, fino alla fine. Tre set in cui il #7 del seeding è stato quasi impeccabile tatticamente: colpi profondi, ricerca costante del diritto per aprirsi in campo, tutto vano di fronte al “bug” Nadal, troppo veloce con i piedi, incredibilmente abile nel contrattaccare in ogni situazione. In finale, nel momento in cui si scrivono i destini, Rafa ha esibito il suo miglior tennis, in un torneo dove ha avuto pochissimi scricchiolii. Lo spavento maggiore glielo aveva procurato nei quarti il piccolo Schwartzman, che per un set e un break aveva colpito forte, come se non ci fosse stato un domani, interrompendo una striscia di 37 parziali vinti consecutivamente sulla terra, rischiando di essere il terzo tennista a batterlo nel major francese: il domani invece ci sarebbe stato per la pioggia provvidenziale, pronta a soccorrere il suo eroe determinando il “fatal rinvio”, una seconda volta dopo l’ultimo atto di Roma. Al Foro Italico la vittima fu Zverev, che in Francia era atteso a una prova di forza in uno slam: un miglioramento rispetto al passato è stato inconfutabile, ma ai quarti, suo miglior risultato in un major, il tedesco è apparso scarico e inerme di fronte al più lanciato Dominik Thiem, freddo nel vendicarsi dopo la sconfitta nella finale di Madrid.
Protagonista esclusivo di queste settimane parigine è stato il nostro Marco Cecchinato, inutile nasconderlo: autentica rivelazione e favola del torneo, in pochi mesi, dopo il suo primo successo in un ATP (Budapest), è divenuto definitivamente la speranza più lucente del tennis azzurro, con la benedizione peculiare del cielo francese. E ci sono segnali che lasciano pensare che la sua non sia stata solo un’avventura: Cek ha sciorinato un livello altissimo, che segna uno spartiacque nella sua vita agonistica. Una prima parte, segnata dalla squalifica e dai Challenger, ha lasciato il posto a presagi di un futuro luminoso nella Top 20 della classifica mondiale. Le lacrime dopo l’epica vittoria contro un buon Novak Djokovic rimarranno impresse nella storia di questo sport, già sono indelebili sulla terra di Parigi: emozioni abbinate a colpi da maestro (Kick esterni, palle corte infallibili, e un rovescio che ha scomodato il paragone con un certo Guga Kuerten), a una solidità da campione nei momenti che contano. Con il raggiungimento di una storica semifinale 40 anni dopo Corrado Barazzutti si apre la speranza per Cecchinato di poter vivere a 26 un percorso pieno di soddisfazioni, che ora lo inquadra di colpo nella 27esima posizione del ranking. Non solo Nole, nel cammino dell’azzurro ci sono gli scalpi prestigiosi di Goffin (flop d’eccezione di questo Roland Garros) e Carreno Busta, ci sono stimmate “tardive” di un predestinato, da mostrare ora anche su erba e cemento.
Positive anche le prestazioni di Fabio Fognini, al suo miglior risultato in un torneo dello slam. Eliminato da buon Cilic, dopo 5 set emozionanti farciti di gran tennis e caratterizzati da una bella rimonta, il ligure conserverà forse qualche rimpianto per un epilogo che sarebbe potuto essere diverso. Il croato, insieme al semifinalista Del Potro, ha dimostrato di poter competere ad alti livelli pure sul rosso: servizio e diritto di ferro possono incidere anche sulla terra battuta, per maggiori informazioni chiedere proprio a Fognini. Wawrinka continua ad annaspare rischiando di scivolare nelle periferie del ranking, Djokovic non è più quello di un tempo ma lascia una tiepida impressione di ripresa, Grigor Dimitrov invece non riesce proprio a scrollarsi di dosso l’etichetta di bello e incompiuto, dopo essere uscito ai sedicesimi contro l’esperto Verdasco.
Nel tabellone femminile, il successo della Halep assume un valore particolare: lo Chatrier non è solo l’altare di una prima incoronazione major, ma il luogo in cui la rumena ha rotto una vera e propria maledizione. Un’atleta forte mentalmente in molte occasioni rischiava seriamente di essere logorata dai tarli dalle tante finali perse, ben tre quelle slam, per ultima quella di Roma contro la Svitolina in un Masters 1000. Nell’ultimo atto di Parigi ci sono voluti tre set e una rimonta dall’altissimo coefficiente di difficoltà contro la Stephens, che ora non può avere più scuse per stare lontana dalle prime posizioni: una finale dai due volti quella tra due formidabili tenniste, con la rumena che era stata messa in seria difficoltà dalla campionessa in carica degli US Open. Il corso degli eventi sembrava rispettare il solito copione di una Halep scarica nei momenti decisivi, ma dopo essere andata sotto di un set e un break di vantaggio, la #1 ha cambiato repentinamente marcia: ha aumentato l’intensità, ritrovando l’efficacia del rovescio lungo linea, rimpolpando la fiducia grazie ad alcuni scambi spettacolari. Lezione imparata, reazione efficace, perché dopo aver subìto il contro-break nel secondo parziale, la Keys non ha trovato più la quadra, dopo una prima parte di match assolutamente ineccepibile.
Ha deluso la Svitolina che dopo il successo di Roma puntava a un risultato di prestigio in uno slam, invece è uscita ai sedicesimi contro la Buzarncescu, così come si è sciolta al sole di Parigi anche la Wozniacki, campionessa in carica degli Australian Open. Da chi doveva difendere il titolo, Jelena Ostapenko, nessuna risposta. Serena Williams in tenuta da Cat-woman ha dimostrato invece di poter dire ancor molto, pur in sovrappeso, al netto dei trentasette anni, di una gravidanza e di allenamenti ormai saltuari: da questo Roland Garros, Serena si è ritirata imbattuta, salutando prima di un nostalgico scontro con la Sharapova. Masha che, pur esibendo a tratti un buon tennis (si pensi al match contro una deludente Pliskova), dopo un’assenza biennale dagli Open di Francia, è stata travolta impietosamente da Garbine Muguruza ai quarti. La corsa della spagnola si è fermata invece in semifinale contro la futura campionessa, con progressi evidenti dopo qualche mese di appannamento. Non male neanche la Kerber, che ha demolito la beniamina di casa Garcia prima di cedere non senza lottare contro la Halep ai quarti. La ’97 Kasaktina ha lasciato intravedere spunti interessanti, Madison Keys si è rivista ad alti livelli raggiungendo la semifinale, in cui è stata sconfitta dall’amica Sloane, nella replica dell’ultima finale di Flushing Meadows. Finalista che ad inizio percorso se l’era vista con una piacevole Camila Giorgi, azzurra che si è arresa solo dopo un combattutissimo terzo set. Il verdetto parigino potrebbe segnare l’inizio dell’era Halep, che spera di aver inaugurato il primo di una lunga serie di slam. La Stephens può finalmente spiccare il volo dopo essersi messa alle spalle i problemi fisici, in quest’ottica la finale persa potrà rappresentare uno stimolo per una tennista che spesso si è “adagiata” su molti exploit e poca continuità.