In Primo Piano

Madrid capitale d’Europa. Come Milano nel 1993/94

Con la vittoria dell’Atlético in Europa League e il trionfo del Real in Champions League, Madrid è diventata l’incontrastata capitale calcistica d’Europa. Un dominio assoluto che si è potuto materializzare anche grazie alla “retrocessione” dei colchoneros nella ex Coppa Uefa. Ma che non è stato il primo, nella storia delle due competizioni, per una città europea. Correva la stagione 1993/94. A poco più di un mese dal Mondiale americano – che avrebbe lasciato l’amaro in bocca alla Nazionale di Sacchi e a cinquanta milioni di italiani – si giocavano le finali di Coppa dei Campioni e di Coppa UEFA. Forse non tutti ricorderanno che quell’anno, in finale, c’erano due squadre italiane. E che entrambe provenivano dalla stessa città, Milano.

L’Inter affrontò il Salisburgo, secondo la vecchia formula della Coppa UEFA, che prevedeva una doppia sfida di andata e ritorno. Per i nerazzurri era stata un’annata deludente, almeno in campionato. Nonostante lo strombazzato acquisto del duo olandese BergkampJonk, la squadra aveva fatto molta fatica: Osvaldo Bagnoli era stato esonerato all’indomani della sconfitta interna contro la Lazio (22/a giornata) e al suo posto era stato promosso l’allenatore della Primavera, Gianpiero Marini. Ma il cambio non aveva sortito gli effetti sperati. Tant’è che la formazione meneghina aveva finito quella Serie A al tredicesimo posto, peggior risultato di sempre. In Coppa, invece, l’Inter aveva intrapreso un cammino decisamente migliore. Dopo aver superato con estrema facilità il primo turno (ai danni del Rapid Bucarest) e poi anche sedicesimi e ottavi (contro Apollon Limassol e Norwich City); nei quarti aveva superato con autorevolezza il Borussia Dortmund, mentre in semifinale aveva avuto la meglio sul Cagliari di Dely Valdes e Lulù Oliveira.
Nell’andata della finale i nerazzurri ipotecarono il successo finale vincendo in Austria per 0-1, grazie alla rete di Nicola Berti; poi, nel ritorno a San Siro, suggellarono il trionfo grazie allo splendido “colpo sotto ravvicinato” del criticatissimo Jonk.

Il Milan, invece, era chiamato a un compito ancora più arduo. Battere il Super Barcellona di Cruyff, che alla vigilia aveva confidato di essere certo della vittoria. Tra l’altro senza mezza difesa, visto che Baresi e Costacurta erano stati appiedati dal giudice sportivo. Sebbene arrivasse all’atto finale con lo svantaggio del pronostico, la squadra rossonera aveva però vissuto una stagione completamente diversa da quella dei rivali cittadini. Gli uomini di Capello erano riusciti a centrare il quattordicesimo titolo della loro storia, distanziando la Juventus di tre punti. Anche in Coppa dei Campioni il cammino era stato esaltante. In quegli anni la massima competizione europea prevedeva due turni preliminari, poi una fase a gironi a cui accedevano le otto migliori. Il Milan si era sbarazzato senza problemi di Aarau e soprattutto Copenaghen ed era stato inserito nel Gruppo B con Porto, Werder Brema e Anderlecht. Dopo aver conquistato il primo posto, in semifinale aveva sconfitto il Monaco con un petentorio 3-0. La finale di Atene contro il Barcellona, da potenziale e tremenda debacle, finì in apoteosi. Il Milan, trascinato dalle maestrie di Savićević e lanciata dalla doppietta di Massaro, surclassò i blaugrana per 4-0, dimostrando che le partite si vincono sul campo, e non con le dichiarazioni pre-gara.

Sono passati ventiquattro anni da quella stagione, che incoronò Milano come capitale europea del calcio. Cristiano Ronaldo aveva solo nove anni, Griezmann probabilmente non andava ancora all’asilo. Ventiquattro anni sono tanti. Chissà se una città italiana, in futuro, tornerà a essere protagonista come Milano. Intanto, la capitale europea del calcio è solo una: Madrid.