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Atalanta, bis europeo. E Melanione…deve ancora aspettare

Se si stilasse un’ipotetica classifica delle domande che i bambini italiani che stanno compiendo il percorso di svezzamento al calcio porgono ai propri padri, la questione: “Papà? Dove si trova Atalanta? Che città è?“, sarebbe con ogni probabilità tra le prime 10. E i genitori pronti a spiegare: “Figlio, Atalanta non è una città. Questo è il nome della squadra di Bergamo e questo nome deriva da quello di una ninfa dell’antica Grecia“. Alla legittima curiosità dei pargoli, i padri narrano il mito della ninfa Atalanta, figlia del re dell’Arcadia Iasio, abilissima nella caccia e nella corsa, che avrebbe sposato solo colui che l’avrebbe battuta in questa particolare disciplina. Dopo molti pretendenti battuti (e uccisi a causa della sconfitta), Melanione distraendo Atalanta con le tre mele d’oro fornitegli da Venere, riesce a sopravanzarla e quindi a convolare a giuste nozze.

Poi i bambini, affascinati dal racconto, chiedono ai loro papà: “ma l’Atalanta è forte?“. E questi: “Si tratta della squadra non rappresentativa di un capoluogo di regione che ha disputato più campionati in Serie A. Per questo motivo, è definita “la Regina delle Provinciali”. Però, se per forte intendi una squadra capace di lottare per lo Scudetto o per le Coppe, no. L’Atalanta al massimo si può salvare ogni anno“. Una realtà di quasi ogni campionato di massima serie per la Dea. Una realtà modificata radicalmente da quando sulla panchina dei nerazzurri vi è Gian Piero Gasperini. Per gli atalantini, semplicemente, il Vate Gasp. L’ex tecnico del Genoa ha installato una mentalità impensabile fino a due anni or sono sotto le Mura Venete: quella di giocare per vincere sempre, a prescindere dalla caratura tecnica dell’avversario. Ingrediente che, unità alla bontà dei prodotti del vivaio atalantino lanciati da Gasperini in quell’ormai celebre Atalanta-Napoli 1-0 del 2 ottobre 2016 e all’anno perfetto dei calciatori già presenti in rosa come il Papu Gómez, Tolói, Masiello, Freuler, ha prodotto il quarto posto – miglior piazzamento della Dea nella sua storia – con 72 punti e il ritorno in Europa League dopo 26 anni dall’ultima volta. Tutto bello. Una favola. Da parecchi addetti ai lavori, tecnici, giornalisti, sedicenti blogger, considerata tale. Alla vigilia del campionato 2017-2018, tutti a pronosticare: “la favola è finita, l’Atalanta tornerà ad ambire al massimo alla salvezza“. La data del “de profundis”? Il 25 agosto 2017, sorteggio dei gironi di Europa League. Bergamaschi inseriti con Lione, Everton e Apollon Limassol. Il pronostico dei cosiddetti esperti? “Atalanta spacciata, già è tanto che riusciranno a fare un punto“. Come è andata, lo sappiamo tutti. Primo posto nel girone da imbattuta con 4 vittorie e 2 pareggi e il record del più largo successo di una compagine italiana in Inghilterra, il 5-1 a Liverpool contro i Toffees e quell’eliminazione assolutamente immeritata nei sedicesimi contro il Borussia Dortmund.

E il campionato, che avrebbe dovuto vedere l’Atalanta limitarsi a una tranquilla salvezza, si è concluso con il settimo posto che per ora – aspettando le sorti del Milan sotto giudizio UEFA – significa preliminari di Europa League e, quindi, seconda qualificazione continentale consecutiva. E così Atalanta ha allontanato nuovamente il Melanione del ritorno alla semplice lotta per non retrocedere. Grazie anche all’ausilio di due nuovi elementi della sua “scorta”: Marten de Roon e Josip Iličič. Il primo è tornato, dopo 12 mesi al Middlesbrough, a Bergamo. Dopo un fisiologico – ah, come è bello utilizzare questo aggettivo che evoca mesti e tOsti ricordi del passato – periodo dove ha dovuto assimilare i movimenti di Gasperini, l’olandese ha preso per mano assieme a Freuler il centrocampo neroblu divenendo in breve pedina inamovibile. Con il merito di non aver avuto paura a Ferrara, a calciare il rigore dell’1-1 nella sfida contro la SPAL. Un rigore che, col senno del poi, rappresenta il momento topico della stagione bergamasca, perché se l’Atalanta fosse uscita sconfitta dal «Mazza» molto probabilmente le speranze europee si sarebbero azzerate. Il secondo, eterno incostante del calcio italiano, a Bergamo ha trovato la sua giusta dimensione, rendendo quanto più concreta la sua indubbia classe tecnica con 15 reti e 10 assist tra campionato ed Europa League.

Ora, il futuro. Un futuro targato ancora Gasperini dal punto di vista tecnico e un futuro che vedrà presto l’Atalanta avere il proprio stadio di proprietà, questo fattore autentica chicca della presidenza Percassi. I sempre puntuali addetti ai lavori – soprattutto quelli che soffrono di travaso di bile per le due grandi stagioni della Dea – scommettono su uno smantellamento della rosa con un pronto ritorno dell’Atalanta a competere per la salvezza. Percassi e Gasperini (e Sartori, non ce lo siamo dimenticati) sono però quanto mai determinati a procurare altri danni epatici a questi soliti noti. E a mettere ancora in lista d’attesa Melanione.