Probabilmente Marcelo Brozović ricorderà con precisione la giornata del 31 gennaio scorso, coincidente con le ultime ore della sessione invernale del calciomercato. Era tutto pronto, Ausilio avrebbe provato a prendere Pastore e, alternativamente, Suning avrebbe telefonato a casa per convocare in nerazzurro Ramires. Ovviamente, nello spogliatoio della Pinetina, si sarebbe dovuto liberare un posto. Detto, fatto. Brozović è già d’accordo, lo cediamo al Siviglia.
Ecco che nella vicenda si inserisce colui che anche più tardi avrà un ruolo fondamentale: Luciano Spalletti. Finché non avrà un nuovo giocatore, non cederà nessuno dei suoi. E il biglietto aereo Milano-Siviglia, per la fortuna dell’Inter, finisce per essere strappato.
Si conclude il mercato, Ausilio non ha raggiunto le richieste del Paris Saint Germain per Pastore e Suning non ha convinto i suoi adepti dello Jiangsu Suning per far arrivare, quantomeno, Ramires. Non resta che il croato. Quello che gioca dal 2015 nell’Inter e che potrebbe già essere classificato come il più altalenante giocatore della storia della Beneamata. Un eterno, insopportabile, rapporto di Odi et amo con i suoi tifosi.
Nel frattempo, però, a Milano è arrivato un altro centrocampista, dal Barcellona. Rafael Alcântara, meglio noto come Rafinha. Uno che sicuramente, non appena avrebbe messo qualche minuto nelle gambe, si sarebbe piazzato dietro a Icardi fino al termine della stagione. E così succederà. Questo cambio di trequartista negli 11 di Spalletti avviene proprio quando, dopo due sostituzioni malgradite, Brozović prima prende a calci la panchina, poi risponde con dei provocatori applausi ai fischi di San Siro.
Qui, il ruolo del tecnico di Certaldo diviene, per la seconda volta, determinante. Dopo il 5-0 al Chievo del 3 dicembre, l’Inter si ritrova a inizio marzo con solo due vittorie, contro Bologna e Benevento, in tre mesi. E a San Siro arriva il Napoli. Escono le formazioni ufficiali e, per la prima volta, Luciano Spalletti decide di schierare Brozović vicino a Gagliardini. Proprio quello che finalmente era tornato stabile in panchina.
Da quel giorno, però, il croato si è spostato da quella posizione soltanto per saltare la sfida contro l’Atalanta, perché squalificato. L’Inter si è rimessa in carreggiata proprio quella sera, quando conquistò un soddisfacente punto contro i partenopei e quando mise le basi a quel centrocampo che ha permesso ai nerazzuri di inseguire la Lazio fino alla sfida finale di ieri sera. Gagliardini-Brozović-Rafinha. Il primo in interdizione, il secondo a riordinare la confusione che ha contraddistinto la stagione dei nerazzuri, il terzo a fornire l’estro necessario per far esplodere la potenza di Icardi.
Sarà lo stesso Spalletti a sostenere di avere sottovalutato le doti del numero 77 in fase di costruzione di gioco: “Con Brozovic ho sbagliato. Le giocate che faceva portavano a dire che fosse rischioso metterlo davanti alla difesa, perché talvolta abbassava il livello di continuità.” Tutto l’opposto: in quella posizione, il croato è un altro giocatore. Si è dimostrato capace di smarcarsi, rapido nel verticalizzare, attento a non perdere palloni pericolosi, preciso nel servire gli esterni in corsa.
Insomma, come poi ha ribadito anche il suo allenatore, in quel ruolo Marcelo si è responsabilizzato. Credo sia stato proprio questo a consegnare al finale di stagione dell’Inter la possibilità di lottare per la conquista del quarto posto: la responsabilizzazione dei suoi giocatori. I tifosi interisti non sono abituati, perché è da anni che assistono alle incostanti giocate meravigliose del croato, rovinate poi dalle fallimentari partite successive.
Ma ieri sera, nella partita più importante dell’intera stagione, la palma di migliore in campo è finita proprio nelle mani di Brozović. Il premio meritato a chi, dopo anni di talento solo assaggiato, ha finalmente trovato un posto nel mondo, con la partecipazione risolutiva delle folli intuizioni di Spalletti.