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Rosso Nadal

C’è un tappeto di velluto rosso intessuto a Parigi un anno fa che dopo il giro del circuito potrebbe stendersi di nuovo sul Philippe Chatrier, prima di ripetere il suo ciclo perenne. E’ un percorso di un eroe immortale, la striscia record di 46 set consecutivi vinti su una superficie da Rafa Nadal, imbattuto sulla terra dalla semifinale di Roma nel maggio scorso, dove l’audace carnefice fu Dominik Thiem. Uno score marziano pronto a un nuovo aggiornamento, dato che l’en-plein su terra battuta sembra già prevedibile senza troppi ostacoli di previsione. Ad oggi nessuno dei plausibili competitor pare poter sbarrare il cammino al #1 del mondo, almeno fino alla conquista dell’undicesimo Roland Garros. C’è poi un dato che calcifica un pronostico ineluttabile di dominio valevole per 2018: l’imposizione è psicologica e mentale prima che tecnica e fisica.

L’abbiamo scorto nella tribuna del Wanda Metropolitano giovedì scorso: lui madridista convinto, in occasione della semifinale di Europa League tra Atletico e Arsenal. C’era un Simeone squalificato ed effervescente, più in là un campione di tennis disteso e sorridente con al collo una sciarpa biancorossa. Sacrilegio per un cuore blanco come lui, a meno che quei colori non rimandino alla bandiera del Principato, terra che quest’anno il maiorchino ha conquistato per l’ennesima volta, l’undicesima. Un calciofilo come lui non si sarebbe mai perso un evento di tale lustro, proprio quando si trova nella capitale spagnola per preparare il caro torneo di Madrid.

Ed in un volto rilassato c’è la consapevolezza di un dominio prevedibile, ma non scontato, sempre da consolidare, con il continuo anelito a far lievitare la cifra di 401 incontri archiviati in carriera. Per ora in questa prima tranche di stagione sulla terra, Rafa ha fugato ogni dubbio su una condizione fisica precaria, dopo l’infortunio australiano, offuscando il lumicino di una flebile speranza da concedere ai rivali terraioli. Gli unici che lo hanno battuto in finale sulla sua superficie prediletta (Federer, Djokovic, Zeballos, Murray) sono o sembrano fuori dai giochi in partenza, chi per un motivo chi per un altro; i rivali più quotati sono invece già stati debellati. Prendiamone quattro: Goffin, Dimitrov, Thiem e Zverev. Tutti questi atleti hanno ottenuto risultati importanti nell’ultima porzione di carriera, ma solo il tedesco e il bulgaro dispongono di una certa consapevolezza scaturita da successi di rilievo come i Masters 1000 e le Finals. Con Sasha unico del gruppo ad aver griffato un successo notevole sulla terra, proprio quell’unica fetta che Nadal non si era preso la stagione scorsa sul rosso.

Dimitrov, non uno specialista di superficie si chiaro, individua in the King of Clay qualche punto debole, almeno così aveva dichiarato da Barcellona: intanto a Montecarlo non era andato oltre i 5 game portati a casa (scoraggiante record stagionale contro il principe del ranking ATP). Zverev è caduto in Davis senza lottare, mentre Goffin, uno che le scarpette sulla terra le affonda bene e che lo aveva bloccato nel novembre londinese, si è arreso dopo un incoraggiante break iniziale ottenuto a Barcellona, totalizzando 0 nel secondo set. Crollato sul Court Ranier III invece l’austriaco Thiem, solo due giochi per l’ultimo capace di inficiare il suo magistero rosso. Infine sbucano Del Potro e Nishikori, con il giapponese in ripresa dopo tante tribolazioni, ma già asfaltato nell’ultimo atto monegasco. Delpo sulla terra perde molto, rispetto al cemento, anche se l’argentino ci ha abituato ad imprese straordinarie, esattamente quello che ci vuole per detronizzare un re saldo sul suo trono. Compito ancor più arduo se si considera che il sodalizio con Moya è vincente, ereditiero di Zio Toni che punta a renderlo più aggressivo con il preciso obiettivo di accorciare gli scambi ed allungargli la carriera.

Intanto il primo scontro di rilievo nel tabellone madrileno potrebbe essere con Thiem; chissà che non possa essere nuovamente lui a rompere e iniziare un nuovo ciclo. Per ora questa sembra più una suggestione, ma si sa, lo sport è strano. Imprevedibile anche quando si parla di dei dell’Olimpo.

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