Al momento dell’annuncio dell’addio di Wenger al termine della stagione, più di un tifoso dell’Arsenal aveva cominciato a sperare che questa storica decisione potesse avere conseguenze positive per il finale di stagione dei Gunners, riuscendo a smuovere l’anima di una squadra che, se non fosse stato per l’arrivo fino alle semifinali di Europa League, sarebbe stata già in vacanza da un pezzo. E, anzi, era stato lo stesso alsaziano ad aver fatto intendere pubblicamente di voler concludere la propria avventura londinese con la vittoria del primo trofeo europeo della sua carriera, in grado di cancellare, almeno in parte, le disastrose prestazioni messe in mostra in Premier League. Lo aveva chiesto a nome della squadra, a suo dire meritevole di vincere questa coppa per il percorso fatto, mettendo ancora una volta i propri ragazzi davanti alle ambizioni personali, come ha fatto per oltre due decenni.
Ma, in fondo al cuore, Wenger sperava, con un briciolo di egoismo sano e più che legittimo, di chiudere i 22 anni in biancorosso con una coppa importante in bacheca, permettendo ai suoi di conquistare un posto anche nella Champions League del prossimo anno. A Londra, insomma, si sognava il finale da favola, con Wenger che salutava il popolo biancorosso a Lione alzando al cielo l’Europa League e regalando ai tifosi una foto da incorniciare e da far vedere ai propri figli. E, invece, al Wanda Metropolitano si è concluso l’ennesimo, anonimo capitolo di un Arsenal che non è riuscito a liberarsi dei propri fantasmi nemmeno nel momento sentimentalmente più delicato della sua storica recente: hanno vinto il cuore e la praticità dell’Atlético Madrid di Simeone, mentre i Gunners hanno finito per specchiarsi in se stessi nel classico gioco fatto di tanti palleggi, arricchito da qualche giocata esteticamente bella, ma assolutamente improduttivo.
Insomma, l’Arsenal ha concluso la stagione proprio da “Arsenal”, in maniera assolutamente identica a tutti gli scorsi anni: tanti errori, spesso elementari, ripetuti nel tempo e spesso anche per lunghi periodi consecutivi, qualche emozione vissuta nelle poche vittorie più o meno prestigiose, l’illusione di poter vivere un’annata finalmente ricca di successi che piano piano svanisce e la doccia fredda che puntualmente arriva in primavera a ricordare ai Gunners che ormai non c’è più nulla da vincere, se non una coppa minore come la FA Cup (come accaduto soprattutto negli ultimi anni). Le stagioni dei londinesi sembrano delle fotocopie che, tra l’altro, sono peggiorate sempre di più con il passare del tempo: all’Emirates Stadium si è arrivati ormai al punto da ricordare con nostalgia quando i Gunners si limitavano a ottenere la qualificazione in Champions League, mentre oggi si ritrovano a doversi guardare alle spalle dal modesto Burnley per difendere un deludente sesto posto.
L’Arsenal gioca ormai come una squadra senza più emozioni da regalarsi, con troppi giocatori che in campo non sembrano metterci la concentrazione necessaria per vincere con continuità. Ecco perché l’annuncio dell’addio di Wenger si sarebbe potuto trasformare in un valido pretesto per fare un ultimo sacrificio, almeno in nome di un tecnico che, seppur poco vincente negli ultimi tempi, ha dato tanto alle carriere di molti giocatori. Niente da fare: con l’eliminazione dall’Europa League, ai biancorossi non rimangono che le ultime tre gare di campionato per conquistare la qualificazione diretta in Europa per il prossimo anno. Le ultime tre tappe del viaggio in biancorosso di Wenger saranno utili solo per commemorare l’alsaziano, a partire dalla sfida di domenica contro il Burnley: l’ultima del francese all’Emirates Stadium.
Ci saranno gli applausi di un pubblico grato per la fedeltà e gli insegnamenti di Wenger, filmati e foto da tenere come ricordo, probabilmente qualche lacrima di chi sentirà maggiormente le emozioni che regala la fine di un’epoca. Poi, però, sarà facile ripartire: nel Nord di Londra c’è voglia di cominciare a vedere volti nuovi, idee fresche e stagioni (forse nel bene, ma magari anche nel male) finalmente diverse. La società sta lavorando già da settimane per trovare un valido sostituto, sfogliando un petalo dopo l’altro, tra nomi illustri e affascinanti scommesse. L’era Wenger finisce, purtroppo, nell’anonimato più totale, senza il finale da favola: all’Arsenal non rimane che mettere da parte questo libro per poter iniziare, finalmente, a scriverne un nuovo.
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