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Salah - Foto FB @LiverpoolFC

Jack Hunter

Si erano a lungo inseguiti Mohamed Salah e il Liverpool.
Il talento egiziano, vice-campione d’Africa nel 2017 con la sua nazionale, era un vecchio pallino dell’ex tecnico Brendan Rodgers e della dirigenza dei Reds, all’epoca del passaggio al Chelsea nel 2014. Aveva infatti stupito, colpito e ammaliato tutti in maglia Basilea tra campionato svizzero e coppe europee e forte fu il pressing del club di Anfield in quelle sessioni di mercato. Ma come spesso accaduto in quegli anni – e come in un certo qual modo continua ad accadere, pur in modo attenuato – il calciatore, poco propenso a trasferirsi in una squadra in eterna fase di transizione/ricostruzione, preferì la destinazione Stamford Bridge. Attratto dallo status di top inglese e continentale del Chelsea, nonostante il posto nell’XI titolare fosse tutto tranne che assicurato.

Da lì in poi non benissimo, a Londra. Difficoltà a sfondare in Premier, o comunque a fare la differenza e reggere la concorrenza interna. 19 presenze e 2 reti in totale e poi via in prestito, in Italia. Terra dove spesso gli scarti (in corsivo ma ci vorrebbero tante, tante virgolette…) dei campionati più ricchi e bulimici d’Europa rinascono. È successo poi a Cuadrado, anche lui semi-bocciato dal Chelsea, e l’esempio di Salah, rifiorito alla Fiorentina prima e alla Roma poi, è paradigmatico: ai giallorossi per 5 milioni di euro, con la formula del prestito con opzione per il riscatto, ha spostato equilibri per davvero.
Il passo felpato, la velocità, il guizzo. L’Olimpico e la Serie A tutta se lo sono coccolati nel suo trasformarsi da calciatore promettente a vero fuoriclasse, nel giro di 34 gol in 83 partite.

Sulla sua non indimenticabile esperienza al Chelsea e sul boom a Roma e Liverpool una polemica è impazzata questi giorni oltremanica. José Mourinho, che pure da tecnico del Manchester United avrebbe altri grattacapi, ci tiene infatti a ricordare che no, non fu colpa sua e che fu il club a farsi sfuggire il talento di Basyoun. Ma lo Special One aggiunge che Salah “non era pronto mentalmente“, qualunque cosa ciò possa voler dire.
La verità, ora, la conosciamo: al Franchi e all’Olimpico si è preparato un top player divenuto ora mondiale con la maglia del Liverpool. Sì, quella maglia da lui stesso snobbata 4 anni prima e ora portata a un passo – Roma permettendo – dalla finale di Champions League.

Una forza della natura, un giocatore capace di battere qualsiasi record nella Premier League 2017-2018. Uno che vede gioco; uno dal guizzo sempre pronto, diventato anche più concreto rispetto all’esperienza nel nostro campionato. A farlo maturare e inserirlo in un meccanismo trascinante ed efficace offensivamente ci ha pensato Jürgen Klopp, quello del bel calcio. Del Fußball avvolgente, del cinico contropiede, del gegenpressing.
È un calcio con pregi e difetti – li abbiamo visti tutti, quest’anno – ma Salah, Dio mio, ci si trova splendidamente. E forse è un maestro come Klopp ciò che mancava a quel Chelsea lì, per farlo sbocciare definitivamente. Ma non ditelo a Mou.