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L’ultimo doveroso urlo di gioia

Era una gelida sera del 29 novembre 2017, quando, alla fine di 120 lunghi minuti di noia, l’Hellas Verona eliminava dalla Coppa Italia i rivali cittadini del Chievo ed esultava sotto la caldissima Curva Sud. Dall’altre parte del campo, invece, rimaneva seduto, con la testa bassa, con la sua fascia da capitano fra le mani e forse con qualche lacrima, colui che aveva appena sbagliato l’unico rigore della serie: Sergio Pellissier. Aveva anche segnato, nel primo tempo di quella partita, ma poi quel pallone dal dischetto gli è stato rispedito indietro dal portiere avversario e lui, istintivamente, lo aveva scaraventato verso il cielo, in direzione di quella curva che sapeva di aver appena deluso.

Foto: Twitter @ACChievoVerona

La storia, perché di una storia si tratta, del connubio fra Sergio Pellissier e il Chievo inizia nel 2000, anche se l’attaccante aostano dovrà subito trasferirsi per due anni in prestito a Ferrara, dove vestirà la maglia della SPAL. Nel 2002, più di 16 anni fa, comincia a tutti gli effetti il percorso del numero 31 con la squadra gialloblù. Il 3 novembre, segna il suo primo gol che permette ai clivensi di espugnare Parma. L’ultima marcatura è arrivata quel 29 novembre, al Bentegodi, sotto la Nord occupata dai suoi tifosi, contro i rivali dell’Hellas Verona.

Fra il primo e il centotrentaseiesimo centro ci sono miriadi di ricordi. La stagione 2005/06 porta a Verona la storica conquista, anche a causa della vicenda Calciopoli, della Champions League. La retrocessione dell’anno successivo è sempre stata ricordata da Pellissier come una ferita gigantesca: “A fine campionato mi vergognavo a camminare per la città, sentivo che avevamo deluso un sogno”.

Ma la grande svolta avviene la stagione successiva, quella in cui Sergio accetta di rimanere in cadetteria e di vestire la fascia da capitano per la prima volta. 22 reti e primo posto in Serie B. E poi le numerose stagioni in Serie A, durante le quali il Chievo scende abitualmente in campo con Pellissier e altri 10 e in cui fra i marcatori degli scaligeri sovente si legge il suo franceseggiante cognome. Tutti i tifosi clivensi ricordano quel 5 aprile in cui gli uomini allenati da Di Carlo pareggiarono 3-3 in casa della Juventus. Marcatori? Pellissier, Pellissier, Pellissier.

E poi il regalo di Marcello Lippi che a trent’anni compiuti gli concede la convocazione in Nazionale. Così, il 6 giugno del 2009 un aostano che vive di gol nel calcio di provincia debutta con la maglia azzurra e in 28 minuti si concede anche il lusso di ricevere il pallone dal suo amico Matteo Brighi, stopparlo di petto in area e girarlo in rete con il sinistro. Urlo di gioia e muscoli delle braccia che si tendono. E davanti alle televisioni di fede clivense a Verona si alza lo stesso grido, davanti al gol del proprio capitano.

Ma poi ancora altre stagioni da doppia cifra, con il centesimo gol per il Chievo segnato a Novara il 2 febbraio 2012. E un legame con la piazza e con i tifosi che ha pochi precedenti nel calcio italiano degli anni 2000, ma che anche difficilmente può crearsi al di fuori di un ambiente come quello del club della Diga, dove tutto è vissuto come un sogno da conservare con il massimo della dedizione, stagione dopo stagione.

Poi le prime stagioni cupe, soprattutto con l’avvento sulla panchina del Chievo di Eugenio Corini, che toglie dagli undici titolari il nome del capitano. A fine stagione l’addio sembra certo, ma un manipolo di tifosi gialloblù riempie le strade vicino all’abitazione di Sergio, che, davanti a tanto amore, sposa per la vita la maglia gialloblù e la sua fascia. Da lì in poi la panchina sarà tanta, ma più volte il contributo di Pellissier si è rivelato fondamentale per le salvezze clivensi, fino a quel soleggiato 11 dicembre 2016 quando a Palermo, contro i rosanero di Corini, il capitano gialloblù taglia quota 100 gol personali in Serie A.

E arriviamo velocemente a oggi. Dopo la stagione 2016/17, conclusa con 10 gol stagionali, nonostante i pochi minuti giocati, Pellissier si ritrova a non vedere quasi mai il campo nel campionato in corso. Domenica, dopo un’altra sconfitta del Chievo e con il baratro-retrocessione a un passo, sotto quella curva Nord che assieme a lui è cresciuta e maturata, Pellissier giocava con suo figlio nel postpartita, e segnava quelli che forse sono gli ultimi gol al Bentegodi. Potrebbe essere un epilogo troppo triste, per una bandiera che ha dato metà della propria vita per questa squadra e che si ritrova impotente a guardare e a soffrire senza poter contribuire.

Non ci sono dubbi: il calcio dovrebbe regalare ancora una rete gonfiata e un consueto urlo di gioia a questo uomo e al popolo clivense, che vorrebbe poter tributare un’ultima volta il suo capitano, perché quella testa china di novembre possa non essere l’ultimo ricordo.