L’ultima parata dell’Acchiappasogni
Ventun anni di carriera, iniziata e chiusa con la stessa maglia addosso, trentaquattro trofei conquistati tra club e nazionale Brasiliana, ed eroe del Triplete Nerazzurro nel 2010. Júlio César ha detto basta a 38 anni, e lo ha fatto nel tempio del calcio brasiliano, il “Maracanã”. Non poteva d’altronde esserci palcoscenico più adatto per coronare la carriera di uno dei portieri più forti nella storia della Seleção e dell’Inter.
Proprio nelle 7 stagioni colorate di Nerazzurro, Júlio César ha incantato il pubblico della Serie A con parate incredibili e gesti atletici fuori dall’ordinario, che lo portarono ben presto ad essere considerato come uno dei pochi portieri in circolazione in grado di contendere lo “scettro del migliore” a una leggenda come Gianluigi Buffon. Parate decisive ma anche spettacolari, che gli valsero il soprannome di “Acchiappasogni“, in quanto capace di allontanare gli incubi (in questo caso i pericoli diretti verso la propria porta) e di portare serenità e sicurezza a tutto l’ambiente. Per i tifosi interisti sarà sempre ricordato per essere stato il portiere del Triplete, uno degli eroi di quella fantastica stagione 2009/2010 in cui, sotto la guida di Mourinho, i Nerazzurri vinsero tutto, compresa quella Champions League che mancava da ben quarantacinque anni. Pensando a quell’annata e a quella competizione, è impossibile non pensare immediatamente a quel volo sul tiro indirizzato all’incrocio dei pali di Leo Messi, durante la semifinale di ritorno al Camp Nou contro il Barcellona: quella parata, quello stile ha fatto innamorare non solo gli interisti, ma un’intera generazione di appassionati, che forse non era mai stata abituata a vedere un portiere tanto efficace ma anche in grado di poter divertire come un attaccante, pur senza dribblare o calciare in porta, tuffandosi come un gatto da un palo all’altro. Nella carriera di un calciatore, possono anche capitare i momenti no, ed è in quelle situazioni che bisogna dimostrare di essere innanzitutto uomini: la rabbia, la tristezza, la frustrazione dopo un errore decisivo contro il Bayern Monaco, riassunti in quella camminata verso casa nel post gara da comune mortale. Un uomo vero, nonostante i privilegi che questo lavoro posso darti, capace di emozionarsi ogni qualvolta che un capitolo importante della sua vita giunge al capolinea, come quando salutò il suo pubblico, quello di San Siro, per l’ultima volta con le lacrime di un bambino e una lettera scritta con quelle mani abituate più a togliere palloni da sotto il sette, che a trascrivere le emozioni su un foglio bianco. La carriera continua, le lacrime però non smettono di scender giù neanche dopo l’addio al Benfica e l’iniziale decisione di lasciare il calcio, per poi però concedersi l’ultima parentesi della sua vita all’interno di un rettangolo verde: facile dire che il primo amore non si scorda mai, ma probabilmente è stato così anche per lui che ha deciso di chiudere la sua avventura proprio lì, nel Flamengo, dov’era iniziata e con uno stipendio quasi da impiegato che sottolinea ancor di più che Júlio César è forse parte di una piccolissima rappresentanza di uomini di valore, in un mondo, quello del calcio, in cui forse questi valori vengono troppo spesso a mancare.
Le lacrime del compagno di squadra ed ex Roma Juan sono la dimostrazione che al mondo del pallone Júlio César ha dato tanto, sia a livello sportivo che a livello umano, e anche a noi che di calcio siamo cresciuti, non vedere più quel gatto respingere un pallone ormai apparentemente destinato in rete, dispiacerà eccome. In attesa dunque di sapere se il suo destino in un modo o nell’altro incrocerà nuovamente il mondo del calcio, l‘Acchiappasogni ha effettuato la sua ultima parata, quella che prima ti fa stropicciare gli occhi e poi ti fa venir voglia di dirgli immensamente grazie.
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