Che la Roma volesse provarci lo si era capito dallo schema tattico di Di Francesco. Che la Roma potesse farcela lo si era intuito dal gol di Džeko dopo pochi minuti. Un capolavoro, una missione compiuta al 100%, una rimonta incredibile, un paese intero a tifare dinanzi alla tv, il dio del calcio che incide la sua firma dopo aver steso il lieto fine di una storia da sceneggiatura horror, nei primi capitoli.
Novantaquattro minuti di passione, ieri sera, all’Olimpico, un Džeko da 9 in
Una settimana fa, la Roma era caduta a Barcellona nella maniera più paradossale, folle, stoica: ferendosi da sola. Tre gol regalati, di cui due autogol. Uno di De Rossi, clamoroso, l’altro di Manolas, beffardo. Quando Džeko si è conquistato il rigore, ieri sera, crollando sul fallo di Piqué in area, è stato un attimo: petto in fuori, una sistemata nervosa al ciuffo, e il capitano di una Roma gagliarda che sente la responsabilità di doversi prendere quella palla di piombo da scaraventare in rete. “Lo batte alla sua maniera”, abbiamo pensato tutti, no? “Alto a incrociare, come al mondiale”. No, De Rossi buca le mani di ter Stegen, rischiando grosso con quel pallone a mezz’altezza che si infila sotto gli occhi chiusi dell’Olimpico, ed è una scarica di adrenalina lungo tutta schiena.
Il resto lo ha fatto il cuore, l’orgoglio, la preda sanguinante e zoppicante dinanzi a una Lupa rinvigorita. Manolas, la spizzata, quell’esultanza mista a emozione, quel faccione come a dire “ma l’ho fatto veramente io?” Sì, Kōstas, l’hai fatto tu, e la sfortuna dell’andata è dimenticata. L’hai fatto tu, e la Roma è tra le migliori quattro d’Europa. Per ora. Perché, a questo punto, chissà.