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La primavera, a Lugano, non vuole farsi vedere

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La primavera, quest’anno, è in ritardo un po’ ovunque. Anche a Lugano, il tempo è quello che è: pioggia, umidità, sole che si fa desiderare. La città è in fibrillazione: l’HCL è, per la quattordicesima volta, in finale nel massimo torneo di hockey (se la vedrà non con il solito Berna, ma con lo Zurigo), e questo distrae un po’ gli sportivi locali dai guai della squadra di calcio la quale, ieri, è andata sotto per la sesta volta consecutiva.

Di rovente, invece, c’è l’attuale classifica della compagine ticinese. Ogni sconfitta di questa serie nera fa storia a sé, anche se il filo conduttore è sempre stato quello che, a parte i primi 20′ della trasferta di Zurigo, con 3 gol incassati, i bianconeri non sono mai stati messi sotto sul piano del gioco. Ieri, però, per la prima volta, abbiamo respirato in Ticino un’aria strana, che non ci è piaciuta per niente: quella della rassegnazione.

La squadra non riusciva a cambiare ritmo, quasi prigioniera di un palleggio elegante, ma fine a sé stesso. Certo, il Basilea, rimasto in dieci, ha chiuso la saracinesca, non facendo quella partita aperta che era nelle previsioni dell’allenatore.

È però anche vero che i renani, in parità numerica, giocando aperti, hanno trovato il vantaggio abbastanza in fretta, senza che i padroni di casa, nel frattempo, trovassero palle gol, e nulla fa pensare che non avrebbero potuto segnarne altri, qualora le dinamiche dell’incontro fossero state differenti. Il fatto che la squadra di Wicky abbia fatto il minimo sindacale è stato anche dovuto alle circostanze (l’espulsione di Sucky dopo 23′): tuttavia, i renani hanno veramente rischiato pochissimo.

Dicevamo della rassegnazione. Nelle parole dei protagonisti, nessuno sapeva dare delle ricette per uscire da questa crisi. Il tecnico ha rivendicato di avere gettato in campo tutto il proprio potenziale offensivo: e, infatti, Manicone ha avuto ancora una volta la palla del pareggio, sprecandola, come a Losanna. Al ragazzo manca ancora, probabilmente, la maturità per fare male agli avversari. Janko è apparso sfiduciato, in ritardo di condizione fisica e mentale, e ha dato ragione a Tami, che non lo ha ancora schierato nell’11 iniziale.

A settembre, sempre dopo una partita casalinga con il Basilea, avevamo visto un Tami furente, che prometteva battaglia. Ieri, il tecnico ha esordito dicendo che, tutto sommato, le sue dichiarazioni sarebbero state la fotocopia di quelle delle ultime settimane. Salvo poi dichiarare che, nella prossima stagione, non sarà più l’allenatore dei ticinesi.

La situazione, ora, si fa difficile. Otto partite da giocare, che fanno ventiquattro punti in palio. Ci saranno 4 scontri diretti con le altre compagini invischiate nella lotta per non retrocedere, e ben 3 verranno giocati in 8 giorni: Thun a Cornaredo sabato prossimo, poi Sion al Tourbillon il 18 aprile, e trasferta a Zurigo (sponda GCZ) il sabato successivo. Certo, poi ce ne saranno altre 5, e una di quelle sarà lo scontro diretto a Cornaredo con il Losanna. Però, questo ciclo di ferro dirà molto sulle probabilità dei ticinesi di rimanere nella massima serie.

Su una cosa c’è unanimità: mancano i gol. Il tecnico, ieri, con i giornalisti, ha parlato della necessità di sbloccarsi sotto questo punto di vista: in realtà, lunedì a Losanna il gol era arrivato, al termine anche di una bella trama offensiva. La squadra, poi, dopo aver subito un gol sfortunato, non ha saputo reagire. Noi continuiamo a pensare che a questo gruppo manchi un vero leader.

Poteva esserlo Sulmoni, la cui esclusione resta non del tutto convincente dal punto di vista tecnico, così come quella di Mihajlović, al di là delle prestazioni dei sostituti (buono Amuzie, meno Daprelà, schierato al centro della difesa, in un ruolo non suo, anche se poi la disposizione tattica iniziale si è trasformata in una retroguardia a 3). Evidentemente, la situazione dello spogliatoio non deve essere così idilliaca, anche se il tecnico ha affermato che “Purtroppo le cose vanno fin troppo bene: se ci fosse più rabbia, magari sarebbe meglio.”

Ora, serve l’unità chiesta dal presidente. La squadra ha davanti a sé tre partite chiave, da disputare contro squadre già comunque battute in questa stagione: non è un’impresa impossibile fare dei punti e, soprattutto, sottrarli alle rivali. I ticinesi, comunque, sono davanti al Sion, non devono inseguire.

Certo, hanno una differenza reti penalizzante in caso di arrivo alla pari, e questo potrebbe essere un problema. La salvezza è un obbiettivo possibile: servirà, però, trovare la giusta rabbia agonistica. Ed è questa la preoccupazione di tifosi e dirigenti: la palla, ora, è nel campo del presidente Renzetti, l’unica vera certezza di questa società. In palio c’è il futuro del Lugano calcio, e non solo.