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Incerte speranze e motivi d’ottimismo

Il successo della Lazio nella gara d’andata dei quarti di finale di Europa League ha offerto all’Italia calcistica una consolazione dopo i dolori dei ko di Juventus e Roma in Champions.
Si dirà che Real Madrid e Barcellona sono, per blasone, budget, organico e bacino d’utenza, fuori portata per bianconeri e giallorossi, eppure i 7 gol incassati da due delle regine del nostro campionato non depongono a favore dei sostenitori della sua qualità, né autorizzano a essere ottimisti in vista del ritorno. Tuttavia, proprio l’exploit della Lazio ieri sera ha regalato motivi di speranza e orgoglio a tifosi e appassionati, con una seria ipoteca sull’accesso alle semifinali della seconda competizione continentale.


Tornando alla “coppa dalle grandi orecchie”, convince ma non fino in fondo la tesi di una Juventus prevedibilmente sconfitta da un Real Madrid tecnicamente, fisicamente ed economicamente inarrivabile. Se c’è un club, infatti, che ha abituato a stupire oltre confine – almeno fino alle finali… – questo è quello bianconero, che mai negli ultimi anni s’è rassegnato dinnanzi al pronostico contro, andando a beffare, guarda caso, corazzate come il Barcellona o lo stesso Madrid. Lascia perplessi, nonostante l’infinito talento a disposizione Zinedine Zidane e il percorso sin qui netto in Champions League, la posizione di classifica dei Blancos nella Liga spagnola: un terzo posto, a 13 punti dal Barça nuovamente rullo compressore, che non ne ridimensiona il valore ma dà una tirata d’orecchi a chi del campionato n. 1 come ranking UEFA misconosce il valore e certo fa pensare che il 2017-2018 sia tutto tranne che l’anno di Cristiano Ronaldo e compagni, almeno sul piano della continuità.
Ciò deve spingere la Juventus, che non domina ma guida nuovamente la Serie A davanti a un Napoli stremato (?) eppure mai domo, a porsi qualche domanda supplementare dopo i gol subiti in casa: si è posto rimedio alla partenza di Leonardo Bonucci? Gli errori individuali commessi in occasione delle reti madridiste vengono da una mancanza di concentrazione o da un’insicurezza generale della squadra? E ancora: posto che sino al triplice fischio del match del Bernabeu il doppio confronto resta aperto e nulla è possibile, un’eliminazione europea con conseguente ridimensionamento ed ennesimo addio al sogno Triplete avrà ripercussioni sulla corsa scudetto? È già successo al Napoli, diciamo, ed è un film già visto.


L’altra delusa è la Roma, ancora meno favorita della sua connazionale secondo i pronostici, eppure galvanizzata da una qualificazione ottenuta dopo un gagliardo ottavo di finale di ritorno. Il Barcellona, primo in campionato e in corsa su 3 fronti (vedi sopra, cfr. Juventus), a momenti ha scherzato coi capitolino. Non voglio dire – come invece s’è letto sui social network – che sia sceso in campo in ciabatte, ma ha schiacciato e levato a piacimento il piede dall’acceleratore. Con sapienza e maestria, come s’addice a leggende come Andres Iniesta e Leo Messi, troppo grandi e troppo esperti per la piccola Roma.
Ciò nonostante, non è partigianeria rimarcare che la sfortuna – nella fattispecie di episodi arbitrali e di un’assenza di VAR che grida vendetta – ci ha messo il suo zampino. Tutto sommato Eusebio Di Francesco, al primo vero battesimo del fuoco della sua gestione, l’aveva preparata bene e l’affanno dei suoi non appena il Barça quel piede lo schiacciava per davvero è cosa in fin dei conti normale. Prevedibile, questa sì.
Per non uscirne con le ossa rotte, a meno di coltivare lecite ma utopistiche velleità di impresa all’Olimpico, i giallorossi devono ripartire da dove hanno lasciato, fieri della crescita messa in atto dentro (classifica, vittoria a Napoli, ecc.) e fuori dal campo (brand Roma, nuovo stadio). Tale agire potrà portare, nel giro di pochi anni, a raggiungere quantomeno la Juventus in termini di risorse, rosa e “power ranking” europeo, certamente a diventare una presenza fissa nell’Europa che conta. In barba e problemi e limiti palesati in passato.

Tra una Juve troppo poco “grande” e una Roma che, dopo anni di magra, in qualche modo lo diventerà, eccoci al vero lato positivo di questa 3 giorni. Alla storia di una Lazio cui non serve farci guardare oltre per trovare motivi d’ottimismo. Simone Inzaghi, ad oggi uno degli allenatori italiani più validi e degni di stima, aveva iniziato come traghettatore e ora si trova con un’ottima classifica e un piede e mezzo in semifinale di Europa League. Il lavoro da lui svolto sul breve e sul lungo termine sta giustamente pagando e prima o poi le grandi guarderanno a questo allenatore la cui fama di giocatore è stata naturalmente offuscata dal fratello maggiore, ma che di questo si sta rivelando, ora come ora, superiore come tecnico. Chiaramente non va sottovalutato l’impegno di ritorno a Salisburgo, eppure questa Lazio mostra maturità e consapevolezza delle proprie forze.


Se dunque tutte e tre le partite delle italiane ci hanno regalato spunti d’analisi – ottimisti, realisti o pessimisti che siano – è dalle romane che può passare il futuro del nostre calcio. O almeno, questa è la speranza, una loro crescita permetterà di insidiare il dominio della Juventus sull’albo d’oro del campionato e di portare a casa un qualche trofeo continentale. Quanto manca, una gioia simile!