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#dallaprimaallasesta. MotoGp: Il Dovi è diventato grande. Márquez è sempre lì. E Rossi…

Dalla prima alla sesta. Sei cambi di rapporto, sei velocità diverse, sei protagonisti e sei chiavi di lettura.

1) Dovizioso. Ottava vittoria in Ducati, prima in carriera su un circuito come Losail dove, a dire il vero, anche nei momenti difficili ha sempre trovato il giusto feeling (quattro secondi posti negli ultimi quattro anni e otto podi complessivi, ndr). La maturità della sua rimonta silenziosa dopo essere scattato dall’ottava casella in griglia, la genialità con cui si lascia sfilare da Marquez prima di contro-infilarlo all’ultima curva. Dovi c’è e c’è altrettanto in termini di velocità la sua Desmosedici. A voler smentire chi li vedeva, entrambi, appagati da un 2017 da incorniciare, a legittimare sogni in grande e da grandi. 

2) Márquez. L’impressione, costante, è che da un momento all’altro possa tirar fuori qualcosa di talmente innaturale da far pendere, inevitabilmente, gli esiti della contesa a suo favore. Insegue Zarco per trequarti di gara e Dovizioso nell’ultimo segmento, duella con Rossi, Petrucci e Crutchlow sembrando, quasi, non faticare più dello stretto necessario. Il guizzo se lo gioca a due curve dal rettilineo finale, e sarebbe tutto calibrato alla perfezione, ancora una volta, se non fosse che sul successivo cambio di traiettoria il Dovi lo infila e lo relega, in volata, al secondo posto. Ma è sempre lì e lo sarà, verosimilmente, per tutto l’anno.

3) Rossi. La notizia del suo rinnovo in Yamaha è stata l’ultima, tempi alla mano, prima dello start ufficiale della stagione. Per festeggiare il Dottore si regala una gara dalla maturità assoluta, gestita dall’inizio alla fine in un circuito in cui gli altri, evidentemente, sono sembrati averne di più già dai primi giri del fine settimana. Terzo posto finale che ha quanto mai il profilo del bicchiere mezzo pieno, con una Yamaha ancora in fase di completezza tecnica e prestazionale il suo talento, intramontabile, sembra essere al momento una certezza competitiva e difficile da scalfire. 

4) Zarco. Una pole position magistrale e trequarti di gara trascorsi davanti a tutti, poi il crollo, sul più bello, inesorabile. E’ come se la sua Yamaha in generale, e la sua gomma anteriore nello specifico, avessero improvvisamente smesso di credere in un finale da copertina che un week end quasi perfetto come il suo avrebbe meritato a pieno diritto. Con la convinzione di ritrovarlo, e come, tra i protagonisti assoluti anche nel proseguo della stagione. Con la dimostrazione, ormai talmente evidente da non meritare troppi giri di parole, di rappresentare il vero volto nuovo di una Moto Gp a caccia di alternative, anche culturali, al dominio spagnolo-italiano. 

5) Viñales & Lorenzo. Se esistesse una macchina del tempo legata al motociclismo più imprevedibile, Maverick Viñales, senz’altro, non escluderebbe la possibilità di farne un utilizzo personale e profondo. Il centauro di Figueres esattamente dodici mesi fa, a Losail, trionfava alla sua prima in sella alla Yamaha ufficiale, ed oggi, al contrario, deve accontentarsi di un sesto posto al termine di un week end da spettatore non pagante rispetto alle dinamiche che portavano, dritte, al gradino più alto del podio. Ancora peggio Jorge Lorenzo, che alla prima opportunità di riscatto dopo un anno numero uno alla Ducati da non dormirci la notte, non va oltre il nono posto in qualifica e si elimina dai giochi, in gara, al giro numero dodici, disarcionato dalla stessa Desmosedici GP 18 che venti giri più Dovizioso porterà davanti a tutti sotto la bandiera a scacchi. 

6) Bagnaia e co. Il week end da incorniciare del motociclismo italiano parte, come spesso e fortunatamente è già successo in passato, dalle imprese delle classi minori. Quella intermedia della Moto 2, nello specifico, consegna agli annali il primo successo di categoria di Francesco Pecco Bagnaia dopo un 2017, d’esordio, caratterizzato da qualche buon podio e tanto rodaggio. Alle sue spalle, per una manciata di centesimi, Lorenzo Baldassari e senza dimenticare il quarto tempo di Mattia Pasini, arrivato ad un secondo scarso dal terzo gradino di un podio che sarebbe potuto essere tutto italiano. Se consideriamo anche il terzo posto in Moto 3 di Dalla Porta, seguito da Antonelli quarto, possiamo dire che l’Italia delle due ruote, Dovi e Rossi compresi naturalmente, fa davvero ben sperare in questo 2018.