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Presentando, tempo fa, la partita di ieri sera tra Young Boys e Basilea, senza volerci atteggiare a profeti (non lo siamo), avevamo scritto che a Berna non si sarebbe giocato solo per il pur prestigioso accesso alla finale di Coppa svizzera. In palio, infatti, c’era la supremazia nel panorama calcistico elvetico. Come siano andate le cose, ve lo abbiamo raccontato ieri sera. Proviamo, oggi, ad analizzare in profondità il momento del Basilea, e le nuove gerarchie del calcio svizzero.

Lo Young Boys, primo in classifica da quest’estate, e attualmente con un largo vantaggio in classifica, era chiamato a legittimare (nonostante si possa dire che lo abbia fatto, visto le 5 vittorie consecutive nel girone di ritorno) il proprio ruolo di leader contro i rossoblù, dominatori negli ultimi anni del campionato e vincitori anche, nella scorsa stagione, della Coppa nazionale. Dal punto di vista mentale, una prova non facile per una squadra che, pur essendo di grande tradizione, è oppressa da un digiuno di vittorie che dura da 30 anni.

Non che, in questo lunghissimo lasso di tempo, i bernesi non ci siano andati vicini: nel 2009, per dire, arrivarono in finale di Coppa (dove furono battuti dal Sion), subendo il clamoroso sorpasso in campionato da parte dei renani, all’ultima giornata, i quali iniziarono il loro ciclo vincente proprio allo Stade de Suisse, superando i padroni di casa 0-2, e aggiudicandosi il titolo.

In seguito, piazzamenti ed eliminazioni cocenti in Coppa svizzera (come quella della scorsa edizione, clamorosa, subita dal Winterthur in casa), nonché beffe assortite in Europa (come dimenticare il suicidio casalingo di quest’anno nel preliminare di Champions League con il CSKA Mosca?). Insomma, nella patria di Roger Federer (grande tifoso, lui, del Basilea), una squadra afflitta dalla Sindrome del braccino.

Ieri sera, invece, abbiamo visto una compagine determinatissima. I bernesi, opposti a un Basilea blindato, hanno provato in tutti i modi a scardinare la resistenza avversaria, dominando gli avversari sul piano atletico, fisico e del gioco. Hanno anche avuto la giusta mentalità: il gol tardava a venire (Hoarau, nella prima frazione, se ne è visto annullare uno per fuorigioco, poi Assalé, a inizio ripresa, ha messo fuori di un soffio) ma, questa volta, niente braccino. I ragazzi di Hütter non si sono persi d’animo, venendo a capo della resistenza avversaria, e conseguendo una meritata affermazione.

Dicevamo del Basilea. Ieri abbiamo avuto, netta, la sensazione del Crepuscolo degli Dei. I renani sono scesi in campo con una disposizione tattica d’altri tempi, un 5-4-1 che la diceva lunga sulla condizione mentale dei renani. Hütter, a questo punto, si è infilato anch’esso nella macchina del tempo, disponendo i suoi con un 4-4-2 che ci ha ringiovanito tutti di qualche lustro.

Il problema, per Wicky, è che i suoi non sono, di fatto, mai stati in grado di ripartire con efficacia: i due esterni Lang e Petretta non si sganciavano mai, tenuti a bada da uno scatenato Mbabu e dal duo Fassnacht/Assalé, che hanno fatto un gran movimento. A centrocampo, i renani hanno perso praticamente tutti i duelli, con uno Zuffi spento e un Serey Die nervoso. Con questi presupposti, van Wolfswinkel non è stato mai innescato per i contropiedi, ed è affondato nella morsa, questa volta implacabile, dell’esperto von Bergen e di Kasim, che non ha certo fatto rimpiangere Nuhu.

Il resto, è cronaca. La sensazione, comunque, è che nel Basilea (un febbraio da dimenticare: 5 partite, 4 sconfitte, 2 gol segnati e 9 subiti) si sia rotto qualcosa. La squadra che, dopo una partenza incerta, aveva guadagnato la qualificazione agli ottavi di finale della Champions League, ed era riuscita a mantenere il passo dello Young Boys in campionato, creando ai gialloneri pressione, alla ripresa si è sciolta come neve al sole. Prima il colpo del Lugano, poi la disfatta in Champions col City, e ieri l’eliminazione dalla Coppa svizzera. Ma ciò che preoccupa, è l’involuzione dei renani, sul piano fisico e del gioco.

La corazzata rossoblù non riesce più a imporre il proprio dominio in campo, non corre più degli avversari, e anche il suo allenatore, probabilmente conscio dei limiti attuali del gruppo, la dispone in campo (il caso di eri sera) con tattiche improponibili nel calcio odierno. Probabilmente, però, non avremmo visto nulla di diverso con una difesa a 3, o con altri interpreti: ieri, non ha funzionato nulla. Il male del Basilea appare, insomma, più profondo: e lo spettro di una stagione a zero titoli, oggi, appare decisamente concreto.

Vedremo cosa accadrà. La dirigenza è nuova, come lo è il tecnico, per la prima volta alle prese con una prima squadra. Le strade sono solo due, in fondo: o si prosegue con Wicky, che il prossimo anno avrà un anno di esperienza in più, perseguendo il progetto dei giovani in campo e fuori, o si prova con qualcuno più esperto. Quello che è certo, è che a Basilea vorranno tornare a vincere subito: sulle rive del Reno, non amano essere secondi a nessuno, soprattutto in patria.