Il Lugano è diventato adulto: inizia un altro campionato
“Siamo tutti genitori” aveva detto Pierluigi Tami, venerdì, a Lugano, ai giornalisti durante la tradizionale conferenza stampa di presentazione della partita di campionato. E l’ambizione di ogni genitore, si sa, è vedere crescere i propri figli. A volte anche vedendoli sbagliare, e assestando loro qualche sonoro scapaccione. Il 14 ottobre, (dopo la disfatta casalinga con il Basilea, 0-4 e con una prestazione sconcertante), il tecnico ticinese prese metaforicamente a sberle i suoi ragazzi: sempre con voce pacata e tranquilla, ma furono parole pesanti come massi. Col lavoro e l’impegno di tutti, le cose poi sono cambiate, a livello di risultati ma, soprattutto, di qualità del gioco. E oggi, a tutti i livelli, stiamo vedendo un gruppo e una società diventati adulti.
Tami non è Tramezzani, e il gruppo è plasmato a sua immagine: così come lo scorso anno, nel girone di ritorno, i collanti della squadra erano l’entusiasmo, l’andrenalina, i colpi improvvisi di due attaccanti di classe come Sadiku e Alioski, oggi invece sono il ragionamento, la capacità di cambiare passo e disposizione in campo sulla base delle condizioni dell’incontro e della vena degli avversari, la consapevolezza della forza del gruppo. Un gruppo che si è forgiato attraverso l’esperienza europea, il giocare in stadi e davanti a un pubblico che in Svizzera non esiste, per consistenza numerica e per impatto emotivo, con giocatori giovani ma che stanno sbocciando.
Ci diranno che siamo di parte, parlando di Mario Piccinocchi (nella foto), che è nostro concittadino (vive a Cornaredo, vicino a Milano, come noi): ce ne faremo una ragione. L’ex centrocampista delle giovanili del Milan arrivò nel 2015, era Zeman, assieme al suo capitano, il più quotato Mastalli, figlio di Ennio (che giocò in Serie A con il Bologna) freschi entrambi di vittoria al Torneo di Viareggio. Il Maestro, però, rispedì quasi subito a Milanello il figlio d’arte (che ora gioca in serie C, alla Juve Stabia), tenendosi invece Picci, al quale diede un posto da titolare, apprezzandone l’intelligenza e le geometrie tessute piazzandosi davanti alla difesa.
Difetto del giovane di Cornaredo, oltre all’inesperienza, la scarsa prestanza fisica, che consentiva, sovente, agli esperti e muscolosi centrocampisti della Super League di sovrastarlo nei duelli a centrocampo, con disappunto del boemo il quale, in più occasioni, si lamentava della scarsa fisicità dei suoi ragazzi in mezzo al campo. Beh, sabato sera, al 14′, Mariolino è andato in pressing, nella sua zona di gioco, su Ndoye: uno al quale deve 15 centimetri e svariati chili. Eppure, gli ha sfilato dai piedi la sfera, mettendola poi sul piede di Gerndt il quale, nel frattempo, aveva fatto il movimento giusto: controllo, fiondata di sinistro, palla in rete. E di duelli del genere, a ogni partita, potremmo raccontarne tanti. Il tutto aggiunto, ovviamente, all’innata capacità di distribuire palloni ai compagni. Certo, ogni tanto ne perde qualcuno: ma, a fare la differenza, c’è la capacità di occupare il campo da parte dei compagni i quali, sovente, sono in grado di porre rimedio.
Poi Rouiller, Mihajlović, Golemić, per fare altri nomi: i tre della retroguardia (aggiunti a Fulvio Sulmoni il quale, però, era già affermato centrale difensivo di Super League), tutti provenienti da Chiasso, hanno fatto progressi tecnici enormi (e i bianconeri non prendono gol da tre partite: un’enormità in un campionato come quello elvetico dove, per dire, sono state segnate, in questo fine settimana – neppure troppo prolifico – 14 reti in 5 incontri). Mariani e Sabbatini sono due certezze, Črnigoj cresce tecnicamente col passare del tempo, oltre a far valere la sua prestanza fisica; Gerndt va ormai in rete da tre partite consecutive, e a Bottani manca solo il gol per poter trovare la sua definitiva dimensione.
In definitiva, con 11 punti di vantaggio sull’ultima, è lecito, oggi, anche guardare avanti. Con umiltà, s’intende. Ma con la consapevolezza che questo è un gruppo solido, che si regge sulla fiducia nei propri mezzi. Con meno andrenalina, magari, rispetto allo scorso anno, meno dipendente dalle individualità; ma, proprio per questo, più forte, a nostro modesto avviso.
Infine, una parola anche per la dirigenza. Il Pres è diventato anche lui meno esplosivo. I risultati, certo, aiutano. Però è un dato di fatto che, dopo la sbornia Tramezzani, la calma, l’educazione e il pragmatismo del suo allenatore hanno conquistato anche lui. Non bisogna poi dimenticare il salto di qualità compiuto con l’operazione Janko, una prima assoluta da queste parti, come detto dal presidente in conferenza stampa. C’è un progetto commerciale e di marketing in divenire, arriverà il nuovo stadio. Sono cresciuti tutti, a Lugano. E questa, probabilmente, è la vittoria più importante della gestione Renzetti.