Doveva essere la giornata della svolta, dell’inizio di un nuovo capitolo del calcio italiano in grado di trasformare in realtà i grandi paroloni con cui tanti si sono riempiti la bocca a partire dalla clamorosa esclusione dai Mondiali della prossima estate, e invece è successo quello che ormai da giorni si stava iniziando a intuire: un nuovo stallo alla FIGC. Al termine delle quattro votazioni di ieri, l’Assemblea Elettiva non è riuscita ad affidare la Presidenza Federale a nessuno dei tre candidati in corsa, con Tommasi rimasto escluso dal ballottaggio finale con cui Gravina e Sibilia hanno concluso le ormai inutili elezioni: a questo punto, non rimane che affidarsi alla strada prefigurata già mesi fa dal Presidente del CONI Malagò, ovvero il commissariamento della Federazione. E ora è francamente difficile dare torto a chi ha definito “una buffonata” o “una perdita di tempo” la giornata di ieri.
Facciamo un breve riepilogo di quanto accaduto. Dopo le prime tre votazioni, la situazione era già piuttosto chiara a tutti, con Sibilia in testa con una percentuale vicina al 40% e Gravina poco dietro, mentre Tommasi, il rappresentante dell’Assocalciatori, si è ritrovato decisamente più in difficoltà. Uno svantaggio che, tra l’altro, ha costretto l’ex calciatore della Roma a lasciare il campo all’ultimo scrutinio, un ballottaggio tra i Numeri uno di LND e Lega Pro, per buona pace di chi chiedeva a gran voce di affidare la nomina a una persona che ha vissuto sulla propria pelle l’esperienza del calcio giocato. Nell’intricata situazione di equilibrio nello scontro finale tra i due candidati rimasti, solo un chirurgico e paziente tentativo di tessere degli accordi per riuscire a far emergere un vincitore con un programma ben definito avrebbe potuto evitare l’intoppo. Una pretesa praticamente impossibile da soddisfare, viste le deludenti premesse delle ultime settimane. E così, alla fine, l’intesa non è stata trovata e prima Tommasi e poi Sibilia hanno dato il colpo mortale all’elezione, chiedendo ai gruppi da loro rappresentati di lasciare scheda bianca e impedire che dalla quarta votazione emergesse un candidato con la maggioranza dei voti validamente espressi (comprensivi, dunque, anche delle schede bianche).
Il risultato della maratona di 8 ore all’Hotel Hilton di Fiumicino, tra accordi e intese trovate spesso sottobanco da chi di fatto dirige da dietro le quinte il teatrino, alla fine è stato frustrante: sarà il CONI a dover decidere chi guiderà una dei più importanti centri economici e politici italiani per movimento di denaro, attrazione di pubblico e spettacolo. Anche se, tutto sommato, soprattutto alla luce delle polemiche sollevate dai candidati al termine della giornata in un continuo puntarsi il dito tutti contro tutti ormai privo di senso, la soluzione di un rappresentante esterno può considerarsi a mente fredda decisamente preferibile alla prospettiva di un Presidente Federale eletto con una maggioranza risicata alle spalle, senza alcun potere di governo e di attuazione di quelle riforme di cui il nostro calcio ha ora disperatamente bisogno.
Il CONI si riunirà giovedì per decidere chi dovrà assumersi un incarico tanto delicato per i prossimi mesi in una sorta di “governo tecnico” messo alla guida in attesa che nei presto emerga un nome forte, espressione di un consenso generale di tutte le categorie rappresentate nella Federazione. A oggi, questo candidato ideale non esiste e l’unica certezza in un sistema politicamente ingovernabile e guidato dai soliti personaggi ben noti è che ad essere dichiarato vincitore da praticamente tutti i giornali è Giovanni Malagò: l’uomo che aveva già prefigurato e auspicato da tempo questa soluzione.
Il vuoto della poltrona più prestigiosa della FIGC si unisce così al già complicato momento di tanti altri ambiti, dall’assenza di un Presidente della Lega Calcio (riunitasi proprio qualche giorno fa per decidere sulla leadership e terminata con una vergognosa e furibonda lite tra Marotta e Lotito) e di un Commissario Tecnico ufficiale della Nazionale fino alla preoccupante asta andata deserta dei diritti TV della Serie A. Una situazione a dir poco disastrosa, che rende sempre di più il calcio italiano simile alla “nave senza nocchiere in gran tempesta” dantesca: un mondo che ora sarà posto sotto controllo dall’esterno, ma che un giorno dovrà riuscire a trovare il coraggio per affidarsi a un vero punto di riferimento da cui ripartire seriamente, andando oltre i soliti e ormai vuoti slogan elettorali.