Home » Il Giorno della Memoria e il calcio: la storia di Ferdinando Valletti

Il Giorno della Memoria e il calcio: la storia di Ferdinando Valletti

“C’era Ferdinando Valletti, altro operaio, un bravo giovane qui di Milano che, ogni volta che correvo il pericolo di rimanere sotto lo scarico dei sassi, mi gridava: “Professor, professor” e correva a prendermi per un braccio e mi tirava lontano. Un’altra volta quel bravo ragazzo mi ha strappato dalle rotaie mentre stavo per finire sotto il treno. Valletti era un amico del Borghi, un operaio dell’Alfa Romeo; si è salvato. Poi quando finiva il lavoro ero proprio stanco, non ne potevo più, avevo le mani e i piedi martoriati, le gambe non mi reggevano. Allora Valletti e un altro dei miei compagni mi prendevano sottobraccio e mi aiutavano a camminare incolonnato con gli altri”. (dal diario di Aldo Carpi)

Ferdinando Valletti (1921-2007), era un giovane calciatore. Professione mediano, era approdato al Milan dopo aver vestito le maglie di Hellas Verona e Seregno. A 19 anni era considerato una promessa del calcio italiano e ambiva a fare una carriera importante. Ma erano anni difficili: l’Italia era sull’orlo della guerra e Ferdinando, che lavorava anche nella fabbrica dell’Alfa Romeo, finì per esserne coinvolto in prima persona.

Nel marzo 1944 decise di partecipare attivamente a uno sciopero generale distribuendo volantini in fabbrica. Il suo desiderio di essere libero gli aveva fatto mettere da parte il timore delle conseguenze. La sera stessa fu arrestato e trasportato al carcere di San Vittore, dove venne interrogato e trattenuto per una notte. Il giorno dopo, insieme ad altri colleghi, lo fecero salire su un maledetto treno, direzione Mauthausen. Partire con quel treno significava lasciare gli affetti più cari e, probabilmente, non tornare.

Arrivò a pesare 39kg., provato dalle lunghe giornate a trasportare pietre. Sodalizzò con un pittore, il professor Carpi, che aiutava appena poteva, sorreggendolo nei momenti di maggior fatica. Nel campo di concentramento la vita era ovviamente durissima. Ma un giorno un episodio cambiò tutto. Un kapò chiese se vi fosse, tra i prigionieri, una persona che sapesse giocare a calcio. E Valletti, forte del suo passato da ex promessa del Milan, si fece avanti. Era pelle e ossa, con gli zoccoli e la divisa a righe tipica dei deportati. Dovette superare anche un provino ma alla fine le guardie si convinsero delle sue doti calcistiche e lo ammisero nella squadra. Giocò una partita, poi venne ammesso tra le riserve. Per lui la disperazione si trasformò in occasione: venne spostato in cucina dove, oltre a poter usufruire di un trattamento meno duro, poteva aiutare i suoi quattro amici rimasti (ed ex compagni dell’Alfa Romeo) con gli avanzi della mensa.

Quando fece ritorno a casa, dopo la liberazione di Mauthausen da parte degli americani, Valletti divenne dirigente dell’Alfa Romeo e uno dei più fervidi testimoni delle atroci nefandezze subite nei campi di concentramento. Ancora oggi è considerato uno dei simboli di quegli anni: con la forza di volontà e con molta fortuna riuscì a resistere a tutte quelle sofferenze e a tornare a casa. Grazie allo sport e, in particolare, al calcio. Nel Giorno della Memoria Ferdinando Valletti è sicuramente un nome da non dimenticare.