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Pierluigi Tami, ticinese della Val Seriana e profeta in patria

“Beh, Tami è uno dei nostri”: queste due parole, del Presidente Renzetti, ma che abbiamo sentito più volte in tribuna a Cornaredo, riassumono qualcosa del personaggio Pierluigi Tami, e della sua esperienza luganese. Qualcosa, ma non tutto: perché il tecnico ticinese (ma nato a Clusone, in Val Seriana, nella provincia di Bergamo) è molto altro. In una delle interviste di fine anno, il Pres, alla RSI, ha avuto parole piuttosto positive nei confronti di allenatore e staff: “I migliori, da quando sono presidente”.

Pierluigi Tami lo conoscemmo due stagioni fa, al Letzigrund, ai tempi del GCZ, dopo un derby vinto: parlammo dello Zurigo (futuro avversario del Lugano nella finale di Coppa svizzera) e della squadra ticinese, che lo aspettava a Cornaredo la domenica seguente. I colleghi svizzeri ci avevano rassicurato: persona corretta e molto disponibile con i giornalisti. Dopo il periodo Tramezzani (spumeggiante ed entusiasmante, ma difficile per noi professionisti dell’informazione), l’arrivo di quest’uomo tranquillo, rispettoso del lavoro altrui, è stato senz’altro un toccasana. Certo, le aspettative da parte dell’ambiente erano importanti: tuttavia, l’ex giocatore bianconero (vincitore, coi sottocenerini, di una Coppa svizzera) ha sempre dato la sensazione di essere in grado di farvi fronte.

Intendiamoci: classifica alla mano, Pier non ha fatto molto meglio dei predecessori. Tuttavia, sul piatto vanno messe tante altre cose: un’Europa League giocata più che dignitosamente, ottenendo tre vittorie e sfiorando la fase a eliminazione diretta; una crisi di gioco e (soprattutto) di risultati (lo scorso anno fatale ad Andrea Manzo) superata brillantemente e, non da ultimo, la capacità di oltrepassare momenti di duro contrasto con i vertici societari, sempre con intelligenza e usando i giusti toni, ma senza abbassare la testa.

Tami, insomma, ha dato all’ambiente lezioni di sobrietà e di carattere: e non era così semplice, dopo la sbornia dello scorso anno. Il tecnico ex GCZ ha infatti preso in mano una squadra orfana di due attaccanti importanti come Alioski e Sadiku. Sempre posato, ha tenuto l’ambiente coi piedi per terra, ma l’ha fatto crescere sotto l’aspetto del carattere: e i risultati in Europa League sono lì a dimostrarlo.

Quando c’è stato da frustare la squadra (per esempio dopo la sconfitta casalinga con il Basilea), lo ha fatto: ha chiaramente detto cosa c’era che non andava, senza fare nomi, ma facendosi capire, soprattutto nello spogliatoio. Sarà stato un caso (secondo noi, no), ma la reazione è arrivata e, da quel momento in poi, abbiamo visto un altro Lugano. E tutto, evitando gesti clamorosi: le fabbriche ticinesi non hanno ricevuto visite inaspettate.

Il presidente Renzetti, si sa, è uomo di calcio esperto, ma non sempre misurato, soprattutto se preso dopo il triplice fischio, come ben sappiamo. È noto come andarono le cose lo scorso anno con Manzo, e i muri di Cornaredo raccontano degli scambi verbali con Tramezzani, che era personaggio non certo dal carattere facile. Però, la presa di posizione di Tami dopo la sconfitta in Europa League con il Viktoria Plzeň (“I giocatori giocano, gli allenatori allenano, i presidenti presiedono”) e di quelle che tanti allenatori, anche nella Penisola, hanno sognato tante volte di assumere. Naturalmente, tenendosi poi in gola le parole.

Parlando di calcio giocato, il tecnico ticinese è stato “incartato” poche volte dagli avversari. Pur non facendo, in conferenza stampa, lezioni di tattica, come piace tanto ad altri, ha saputo adattare il suo gruppo sia agli avversari che alle condizioni di salute degli interpreti. Il Lugano ha problemi in attacco, è vero: ma l’allenatore, in assenza di una prima punta prolifica, ha cercato soluzioni differenti per andare in gol, e non ha avuto remore a panchinare, in diverse occasioni, anche elementi considerati intoccabili.

La scusa era sempre quella dell’affaticamento, dovuto agli impegni ravvicinati; però, è un fatto che diversi giocatori abbiano trovato, in panchina, stimoli e motivazioni da riversare poi in campo. Insomma, un modo di fare che ha dato frutti, e sempre senza fare troppi polveroni fuori dallo spogliatoio.

Il campionato è ancora lungo. Tuttavia, i segnali per il rinnovo ci sono già. Ora, bisognera vedere cosa succederà in questa finestra di mercato: per ora abbiamo l’ufficialità della rescissione del contratto con Kovačić e molte voci. C’è l’urgenza del rinnovo a Mariani (in scadenza a giugno), e ci saranno altre tre o quattro partenze che, però, non andranno a rinforzare il Chiasso: si punta a incassare qualcosa. L’obbiettivo? Una prima punta, magari. Dalla Penisola arrivano voci di un interessamento per Ganz che Zeman, a Pescara, ha accantonato. A nostro parere (lo abbiamo visto tante volte a Como) sarebbe un ottimo acquisto: tuttavia, l’ostacolo è sempre di natura economica. Staremo a vedere.