Editoriali

L’ultima sinfonia del “Piccolo Mozart”: Rosický si ritira, tra applausi e rammarico

Le ultime note del concerto, il silenzio e il sipario che cala, mentre partono gli applausi. Anche per Tomáš Rosický, il “Piccolo Mozart” della Repubblica Ceca, come è stato definito per anni dai suoi tifosi, è arrivato il triste momento dei saluti, quello in cui un calciatore capisce di non poter dare più quello che vorrebbe e decide di appendere gli scarpini al chiodo. E gli applausi che accompagnano la sua uscita dal palco sono scroscianti, ricchi di entusiasmo e riconoscimento per un talento così raffinato, ma anche rammaricati per una carriera che sarebbe potuta essere ben più splendente se un destino avverso non si fosse opposto con tanta ostilità.

All’età di 37 anni, Rosický ha annunciato la sua decisione di ritirarsi dal calcio giocato, mettendo fine anzitempo al proprio contratto con lo Sparta Praga, la squadra della sua città da cui tutto era cominciato e in cui ora ha voluto concludere la propria avventura. Più di 100 presenze con la Nazionale Ceca e 23 reti realizzate, ma anche 474 presenze a livello di club spartite tra lo Sparta Praga, il Borussia Dortmund e l’Arsenal, condite da 58 reti e 70 assist, oltre a tante, magiche giocate da centrocampista di fantasia pura. Numeri che sarebbero potuti essere ben più grandi, ma che il giocatore non è riuscito a realizzare a causa dei tanti, tormentati infortuni che ne hanno condizionato la carriera: i guai fisici, infatti, hanno accompagnato Rosický in tutti questi 19 anni di calcio, impedendogli di trovare continuità e spesso limitandolo nel suo gioco.

Cresciuto nelle giovanili dello Sparta Praga, Rosický divenne un titolare fisso nella prima squadra solo nel 1999, all’età di 19 anni. Le sue giocate straordinarie e il suo piede sopraffino, però, lo trasformarono in poco tempo in uno dei gioielli più preziosi del calcio ceco e, dopo aver vinto due campionati di fila, il suo talento divenne oggetto di desiderio dei dirigenti del Borussia Dortmund. E così, nel 2001, arrivò l’offerta decisiva da circa 13 milioni di euro per strapparlo allo Sparta Praga e portarlo in maglia giallonera: un acquisto che, ad eccezione dei primi mesi di difficile ambientamento, si rivelerà un vero colpo per la squadra tedesca, con cui collezionò 189 presenze (già intervallate da diversi infortuni) e realizzò 24 reti e 46 assist.

Dopo aver disputato un ottimo Europeo con la sua Nazionale nel 2004, il Borussia Dortmund dovette resistere alla tanta pressione delle “big” del calcio europeo pronte a darsi battaglia per assicurarsi il talento di Tomáš Rosický. E l’anno della svolta alla fine arrivò nel 2006, quando l’Arsenal riuscì a bruciare la concorrenza assicurandosi l’ingaggio del talento ceco ancora prima l’inizio dei Mondiali: una mossa geniale da parte dei Gunners, visto che un mese dopo il numero 10 della Repubblica Ceca si mise nuovamente in luce con la maglia della Nazionale, in cui divenne il metronomo del centrocampo giocando una serie di partite di grande qualità, oltre a segnare anche un gran gol nella gara d’esordio contro gli USA (una botta dalla distanza all’incrocio dei pali). Sotto la direzione di Wenger, il “Piccolo Mozart” divenne finalmente il direttore d’orchestra del centrocampo di uno dei club più prestigiosi d’Inghilterra, mettendo a disposizione il proprio tocco e le sue giocate al servizio di una delle squadre che in quegli anni offriva il calcio più divertente d’Europa.

Il grande rammarico che accompagna oggi l’uscita di scena di Rosický è dovuto soprattutto a quanto accaduto nel decennio in maglia Arsenal. Tanta qualità e talento che non hanno ricevuto il giusto riconoscimento (con i londinesi è riuscito a conquistare solo due FA Cup dopo una serie di annate rimaste a secco), ma che, soprattutto, sono stati tristemente oscurati dal numero spaventoso di infortuni che spesso lo hanno tenuto lontano dai campi per mesi. E, nonostante questi, ogni volta che tornava nel gioco di Wenger sembrava accendersi una luce, perché con il talento ceco in campo i Gunners sembravano spesso giocare con una marcia in più e un punto di riferimento di grande esperienza in mezzo al terreno di gioco.

Alla fine, però, la sfortuna ha avuto la meglio e lo scorso anno Rosický è stato costretto a tornare a casa, nel suo Sparta Praga: un finale tutto sommato anonimo, caratterizzato da un nuovo infortunio che lo ha tenuto fuori quasi tutta la scorsa stagione prima di riprendere a ritmi più blandi in quella attuale, in cui ha trovato anche il suo primo gol dal ritorno nella capitale ceca contro il Karviná. Una rete festeggiata alla sua maniera, facendo con le mani il simbolo delle corna, a ricordarci la sua grande passione per la musica rock: è questa l’ultima immagine di gioia da calciatore che ci rimane di questo meraviglioso, ma anche tanto sfortunato talento che, con più possibilità, avrebbe potuto continuare a dirigere “l’orchestra” del centrocampo di tutte le sue ex squadre con ancora maggiore maestria. E, d’altro canto, è questo che ancora oggi pensa anche il suo vecchio allenatore e grande estimatore Wenger: “Se ami il calcio, ami Tomáš Rosický”.

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Francesco Moria