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La solitudine dei numeri primi

Spesso un allenatore viene considerato un uomo solo. Perché – al netto dello staff che lo accompagna e col quale condivide il lavoro quotidiano sul campo – si trova a dover fronteggiare situazioni difficili che richiedono decisioni selettive e rapide. Dall’alto del suo ruolo non è chiamato solamente a costruire. Deve saper ricucire, rintuzzare, guidare. Deve essere abile a leggere una partita ma anche a programmare la settimana e a gestire il gruppo. È considerato un uomo solo perché è il primo a pagare, nell’eventualità che le cose si mettano male. E talvolta la sua solitudine si acuisce, quando la società lo lascia in balìa del suo destino senza dargli un effettivo supporto.

Tra A e B queste ultime settimane non sono state positive per gli allenatori di nome Vincenzo. Il 27 novembre il Milan ha esonerato Montella, dopo un avvio di campionato ritenuto troppo faticoso e ombroso; il 17 dicembre è toccato a Vivarini, alla guida dell’Empoli da quest’estate. L’affare-Montella, per il quale sono stati spesi fiumi di parole e litri di inchiostro, ha avuto una cassa di risonanza fortissima. È pure normale, visto il blasone della società rossonera e le aspettative nutrite nei suoi confronti. Ma chi ha dato anche solo uno sguardo alla Serie B, quest’anno, si sarà domandato perché una squadra quarta in classifica decide di licenziare il proprio tecnico.

Facciamo una piccola regressione temporale. Vincenzo Vivarini firma per l’Empoli, appena retrocesso in serie cadetta, per cercare di ricostruire un gruppo devastato dall’incredibile débâcle. La società decide di rinnovare quasi completamente la rosa, confermando solamente quattro calciatori della sciagurata annata precedente. L’intento di rifondazione è lampante. La spesa immessa sul mercato, grazie anche all’ormai celeberrimo “paracadute”, è rilevante e l’Empoli piazza colpi importanti, primo fra tutti l’attuale capocannoniere Francesco Caputo. Vivarini è un sostenitore del 3-5-2 e la dirigenza acquista calciatori adatti alle sue esigenze tattiche. C’è molta curiosità attorno al nuovo modulo, visto che l’intoccabile 4-3-1-2 viene messo da parte dopo molti anni.

Inizia il campionato e l’Empoli, pur con alti e bassi, si piazza subito tra le prime posizioni. Si rivela dotato di un attacco importante, quasi stellare. Ma subisce tanti gol, soprattutto contro formazioni sulla carta inferiori. Qui cominciano probabilmente i primi screzi. La società vuole che la squadra subisca meno, che sia più attenta in fase difensiva. E allora Vivarini, per tutta risposta, decide di togliere qualcosina alla fase offensiva cercando di puntellare maggiormente la difesa. Gli azzurri si assestano, subiscono meno ma segnano anche meno rispetto al passato. La coperta è corta: se la tiri da una parte, rimani scoperto dall’altra. E così, nonostante le ultime cinque partite senza sconfitte – due vittorie e tre pareggi – Vivarini viene messo alla porta. Da quarto in classifica, a soli due punti dalla seconda piazza e a cinque dal Palermo capolista.

L’Empoli prende Aurelio Andreazzoli, storico collaboratore di Spalletti ed ex tecnico della Roma del dopo-Zeman per alcune giornate. I perché del cambio rimangono avvolti nel mistero, soprattutto perché la squadra sembrava finalmente aver trovato la giusta quadra. Ancora una volta a pagare è l’allenatore: la persona più sola dell’intero mondo calcistico.