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Chi ha successo, si sa, scatena invidie.
Ne sa qualcosa Josep Guardiola, in arte ‘Pep’. Ha cambiato il calcio ma tutti lo aspettano al varco, per sbeffeggiarlo al primo minimo errore.

Sarò franco: non ero un grandissimo fan del suo Barcellona.
Di quello dei marziani, di quello illegale – disse qualcuno, nel senso migliore del termine – che vinse tutto il vincibile. E non perché ne disconoscevo forza e qualità, ma per una questione estetica, di gusto. Del resto, non è bello ciò che è bello ma è bello ciò piace, banalmente. O De gustibus non est disputandum, detto coi classici in meno.
Ma siamo lì: compito di quel Barça non era convincere il fan italiano, ungherese o svedese ma vincere. E lo ha fatto con una bella rivoluzione, cambiando il calcio: ce l’hanno spiegata giornalisti ed esperti in decine di libri, è diventata una leggenda.

Ma che palle il tiqui-taca! si sentiva e si sente dire. Mi ci metto pure io personalmente: non ho sempre apprezzato e anzi – ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni – ho spesso preferito il maschio, disordinato e sragionato gioco della seconda serie inglese. Ma è stupido negare che Guardiola, ereditata e consacrata una generazione d’oro, una rivoluzione al calcio l’ha applicata. Demolendo, un’umiliazione dopo l’altra, il Madrid nemico di sempre. E facendosi odiare in tutta Europa: come detto, chi vince lo deve mettere in preventivo.

È poi venuto il Bayern e i successi in Germania. Anche qui tanti distingue, tante pinnicche, dicono dalle mie parti. Mancanza di avversari, campionato non veramente competitivo (?), tanto altro. E non ha vinto in Europa! Mistero buffo: quando vinc bene ma annoia, quando non riesce casca il mondo.

Sino al contratto col Manchester City. Squadra ricchissima in un campionato ricc(hissim)o, club che lo ha chiamato per compiere il vero salto di qualità. Vincere in Europa portando quel marchio – il guardiolismo – in fin dei conti mai passato di moda.
Pronti via il 2016-2017 e tanti che lo aspettavano al varco: terzo posto, mai in corsa per il titolo. Portato a scuola dal tattico Conte e così via.

Silenzio improvviso adesso, nel 2017-2018. 11 punti sulla seconda in classifica quando mancano 2 giornate al giro di boa, un gioco piacevole, coraggioso e diverso rispetto alle ultime edizioni dei Citizens. Un’autorevolezza, in Europa, vista di rado e adesso in Champions un sorteggio che autorizza tranquillità in vista di potenziali quarti e semifinali.

Si dirà che il budget è alto (ma le altre big inglesi, allora?) e che è facile con gli squadroni.
Provateci voi, allora.

Perdonaci Pep.
Per non averti creduto.