Primo Piano

Il burattino

Ci risiamo. Sono passati solo pochi mesi e si è abbattuto un nuovo uragano su Donnarumma. Lo scenario è immutato: Gigio in mezzo, tirato per un braccio dalla dirigenza rossonera e per l’altro dallo squadrone di Raiola, fino a spezzarsi. Già, questa ridicola battaglia mediatica sta massacrando l’immagine del ragazzo che, diciamolo, fa quasi tenerezza in questo tritacarne. Anzi, no. Proprio no. Non fa tenerezza. Fa pena: sembra che siano gli altri a dover decidere del suo destino, sembra che la sua volontà sia relativa. Questo suo non prendere posizione lo fa sembrare un burattino, senza personalità, senza gli attributi, incapace di fare di testa sua.

Tra gli assistiti (passati e attuali) del buon Mino ci sono due esempi che sono agli estremi opposti: Marek Hamšík e Zlatan Ibrahimović. Il primo, per poter giurare fedeltà al Napoli, diede il benservito a Raiola, che ovviamente lavorava sottotraccia al suo trasferimento in altri lidi; il secondo, invece, sposò la linea del suo procuratore, cambiando maglia ogni 2-3 anni e guadagnando sempre di più, senza l’aspirazione di diventare la bandiera di una qualsiasi squadra. Sono scelte, entrambe legittime, entrambe comprensibili, dettate dal diverso carattere dei due calciatori. Bisogna avere la strafottenza di Ibra per passare dalla Juve all’Inter, per poi andare al Milan. Zlatan è concentrato su sé stesso, ha un ego smisurato, il suo cuore non ha colori. Non è una critica, è sempre stato un grande professionista e ha vinto tanto, facendosi voler bene dai tifosi in tutte le piazze.

Donnarumma non ci sembra questo tipo di ragazzo. Fin dall’inizio ha suscitato una simpatia genuina nella gente, per quell’aria da bambinone sorridente che con naturalezza fa il fenomeno tra i grandi. Bene, in pochi mesi la sua immagine è stata massacrata: la sua crescita esponenziale a livello sportivo non è andata pari passo con la crescita come uomo. Donnarumma, ora come a luglio, sta dimostrando di essere un burattino in balia di forze che non riesce a gestire. Un burattino che ha avuto la sfortuna di incontrare Lucignolo, nella sua strada. Lucignolo gli ha promesso il Paese dei Balocchi, lo ha ammaliato a tal punto di farlo cadere in tentazione: lasciare da parte i sentimenti, abbandonare l’amata casa di Geppetto (una famiglia povera e senza futuro, secondo il Lucignolo italo-olandese), per godersi il meraviglioso Paese dei Balocchi, fatto forse di Cavani, Neymar e M’Bappé, forse di Ronaldo, Benzema e Bale, poco importa, sicuramente fatto di assegni a tanti, tantissimi zeri. Lucignolo ha così convinto il burattino che Fassone e Mirabelli fossero il Gatto e la Volpe, abili nel raggirare gli ingenui, loschi figuri che si fingono amici con il solo obiettivo di fregare il prossimo.

Ora, quale fregatura ti starebbe rifilando chi ti elargisce un milione di euro ogni due mesi a diciotto anni? Ciò che sta distruggendo l’immagine di Donnarumma, martoriato dai suoi tifosi allo stadio (uno striscione che stenderebbe un elefante, figurarsi un ragazzino) e da un po’ chiunque nei social, è la sua totale mancanza nel prendere una posizione. Assodato che la famosa mail riferita alla “violenza morale subita” in sede Milan è arrivata, è inutile, dopo giorni di delittuoso silenzio, dire semplicemente: “Violenza morale del Milan? Non l’ho mai detto né scritto”. Qualcuno l’ha scritto per te, caro Gigio, qualcuno che ha il compito di fare le tue veci. E quello che viene detto dal tuo entourage per conto tuo, è come fosse detto da te. Non ti sta bene? Non rispecchia affatto il tuo pensiero? Bene, è il momento di dire grazie e tanti saluti. Se chi lavora per te non fa il tuo interesse, è giusto allontanarlo. Se te lo tieni stretto, però, significa che ti sta bene il lavoro che fa, quindi non lo puoi rinnegare.

Donnarumma, in questo momento, è un burattino con milioni di Grilli Parlanti attorno, tutti che si sentono in grado e in diritto di dargli saggi consigli. Donnarumma è un burattino senza la Fata Turchina, capace di salvarlo da una situazione pericolosa e imbarazzante in cui lui stesso si è cacciato, a causa di una personalità debole e facilmente malleabile, incapace di imporre la sua volontà. Forse perché neanche lui, in fondo, sa qual è. Ciò che è certo è che si trova a un bivio: lo strappo con l’ambiente rossonero è insanabile, a meno che non si separi da Raiola. In quel caso ci sarebbe la redenzione. O Milan o Mino, entrambi ormai è impossibile. Il guanto di sfida è stato lanciato ufficialmente da Mirabelli ed è stato accolto di buon grado da Raiola: da una parte quello che vuole fare lo “showman“, dall’altra quello che “vuole distogliere l’attenzione dal fallimento del progetto tecnico“. Entrambi a tirare un braccio del burattino, senza accorgersi (e senza preoccuparsi) che si è già spaccato.

Qui non si tratta di dire bugie, questo burattino diventerà uomo solo quando si prenderà la responsabilità di dire la sua verità. Hamšík o Ibra?