Polveri bagnate
Nonostante sia considerata la squadra che gioca il miglior calcio in Italia, per il Napoli non è un buon momento. Anzi, è indubbiamente il periodo più critico della stagione. Al centro c’è naturalmente la recente eliminazione dal primo girone di Champions, con la conseguente “retrocessione” in Europa League. Ma non solo. In campionato la squadra partenopea sta avendo una flessione e ieri, davanti al suo pubblico, non è andata oltre il pareggio a reti bianche contro la Fiorentina. Giusto per citare dei numeri, se nelle prime undici giornate le reti segnate erano state 32 – quasi tre di media a partita – nelle ultime cinque le realizzazioni sono state appena tre. Mertens, mattatore nel primo trimestre stagionale, non segna da fine ottobre, ossia dalla gara contro il Sassuolo.
Se per certi versi il dato è preoccupante, un calo era presumibile dopo un avvio letteralmente devastante. Il Napoli è comunque secondo, appena una lunghezza dietro l’Inter; rimane il secondo attacco della Serie A, al pari della Lazio e alle spalle solamente della Juve. La difesa è migliorata in compattezza e affidabilità e, sebbene orfana di un perno fondamentale come Ghoulam, ha trovato in Màrio Rui un degno sostituto. Maurizio Sarri ha plasmato la squadra a sua immagine e somiglianza, facendogli sviluppare quei meccanismi che ormai sono diventati automatismi. E gli viene riconosciuto, da tutti, un lavoro egregio sotto ogni punto di vista. E allora a cosa è dovuto questo calo di rendimento? Quali sono le ragioni della maggior fatica dei partenopei in chiave realizzativa?
Come sempre, non c’è una ragione soltanto. Intanto il fato non ha voluto troppo bene al Napoli. Sarri ha dovuto rinunciare troppo presto a Milik, l’unico vero centravanti di un reparto avanzato composto da giocatori leggiadri ma certamente non possenti. Mertens avrebbe probabilmente bisogno di rifiatare, ma è costretto a fare gli straordinari proprio a causa della mancanza del suo sostituto naturale. È normale che il belga stia attraversando un momento di appannamento, dopo essersi sobbarcato per mesi tutto il peso dell’attacco. Senza considerare che Insigne non sta benissimo fisicamente e ha dovuto saltare le due ultime partite contro Feyenoord e Fiorentina. Un’assenza pesante, che toglie al Napoli una bocca di fuoco.
E allora si torna lì, a quello che molti ritengono il principale difetto del Napoli. La “panchina corta” è uno dei mali che affligge la rosa e lo stesso Sarri. Vuoi perché la squadra manca di alcune pedine che siano in grado di sostituire i titolari; vuoi perché lo stesso mister è restio a cambiare il suo undici ideale. La sensazione di inizio stagione era proprio questa, ossia che non si potessero affrontare due competizioni con la rosa ai minimi termini. Ma al contempo – e qui viene fuori il principale difetto dell’allenatore ex Empoli – che ci dovesse essere un’ottima gestione della rosa a disposizione. Probabilmente il bicchiere è ancora mezzo pieno, per le velleità di una squadra con una disponibilità economica inferiore a Inter e Juventus. Ma che è stata gettata nel lotto delle favorite con cognizione di causa, dopo il travolgente avvio di campionato e l’apprendistato degli anni passati.
A gennaio qualcosa cambierà. Arriverà qualche giocatore – quasi sicuramente sulla fascia mancina e in attacco – ma da qui al termine del 2017 ci saranno tre gare importanti per capire se il Napoli si è ripreso del tutto. Torino, Sampdoria e Crotone saggeranno le qualità della squadra di Sarri e le sue capacità di gestire le prevedibili flessioni. Le polveri sono bagnate ma c’è molto, molto tempo per asciugarle.