Jefferson Farfan, l’uomo bionico
Quattro continenti, 46739 km spesi in volo per un totale di 62 ore e 42 minuti. Tre settimane che rimarrano scolpite nella memoria del calciatore peruviano.
Il mondo del calcio è pieno di allenatori, giocatori e addetti ai lavori pronti ad attaccarsi agli alibi più disparati per giustificare eventuali cattive prestazioni. Tra queste scuse quella più in voga, spesso, è l’impossibilità di allenarsi o preparare in modo accurato un tale incontro a causa di un calendario molto fitto, con le trasferte europee che rappresentano una scomodità invece che un traguardo da onorare al meglio. Queste lamentele, solitamente immotivate e prive di reale fondamento, si asciugheranno ulteriormente di significato dopo l’odissea di Jefferson Farfan, centravanti della Lokomotiv Mosca che in meno di un mese ha calcato i campi di ben quattro continenti. Segnando praticamente sempre.
Tutto inizia il 6 novembre, quando il nostro eroe saluta la Russia decollando dalla capitale alla volta della Nuova Zelanda, poche ore dopo aver aiutato con un assist la sua squadra a pareggiare il derby contro il Cska. Salta dunque saggiamente il ritrovo con i compagni a Lima, conscio che ci saranno altre occasioni per terminare di leggere i libri che si è portato appresso durante le ore di volo. Il Perù si allena fino al 9 ad Auckland, per poi giungere a Wellington (494 km), sede dell’andata dello spareggio per il Mondiale, una gara quasi storica per una nazionale che non si qualifica da 35 anni. In Oceania finisce 0-0 e il discorso è rimandato al ritorno. Dopo essere tornati ad Auckland, tutto il gruppo peruviano torna in patria, compiendo un tragitto di ben 10768 km. Un viaggio infinito, verso il sogno di una nazione intera. L’atmosfera a Lima è pazzesca, tant’è che i sismografi segnalano diversi piccoli movimenti della crosta terrestre dovuti all’agitarsi dell’intera popolazione, trepidante per l’andamento della partita. Il Perù vince 2-0 ed è proprio Farfan a segnare il gol decisivo, come a voler dire: “Non sono venuto fino a qua per nulla”. Dopo i doverosi festeggiamenti, Farfan rientra a Mosca (12643 km), il 18 novembre, troppo tardi per scendere in campo il giorno successivo a Makhachkala, qualche chilometro più a sud. Riposo meritato per Jefferson, che il 23 torna a indossare gli scarpini in un’altra sfida cruciale, quella di Europa League con il Copenaghen. La Lokomotiv può solo vincere per tornare in corsa nel girone, ma la sua prestazione non è esaltante. La decide un solo giocatore, un uomo che sta vivendo in una bolla sia sul piano fisico che su quello emotivo: Farfan realizza una doppietta ed il discorso relativo ai sedicesimi di finale si fa molto più semplice. Il nostro vorrebbe provare a godersi gli ultimi ottimi risultati a casa, magari davanti a un bel fuoco per ripararsi dal freddo pungente moscovita, ma il calendario non è dello stesso parere. Domenica, infatti, la capolista della Russian Premier League è chiamata alla trasferta più lunga dell’intera stagione, in quel di Khabarovsk. 6140 km, sette fusi orari (discorso da estendere anche ai viaggi precedentemente analizzati) e, per non farsi mancare nulla, una temperatura prevista attorno ai -20 gradi. La squadra di Semin non può rallentare viste le coriacee vittorie di Krasnodar e Cska su campi ostici ma la partita, dopo l’1-1 dei primi minuti, sembra impossibile da districare. E’ una sensazione comune, anche se Farfan la pensa diversamente e in pieno recupero, dopo aver fallito un calcio di rigore, mantiene la lucidità necessaria (d’altronde è fresco come una rosa) per segnare sulla respinta. Ah, e il primo gol, un’autorete, nasce sugli sviluppi di un suo tiro da fuori. In queste ore il peruviano è ancora su un aereo, ormai la sua seconda casa, per tornare in quel di Mosca. Il calendario ormai è benevolo: prima il Rubin in casa, poi due trasferte a Zlin (Slovacchia) e a San Pietroburgo, col Tosno. Un’inezia, insomma, per un giovinotto di 33 anni che a novembre è risultato decisivo in tutti gli angoli del globo. Segno che forse certe giustificazioni fornite da tecnici di compagini europee sono inaccettabili e difficilmente argomentabili.