Alla fine il comunicato ufficiale è arrivato e Montella lascia la panchina rossonera a poco meno di un mese da Natale. Niente panettone, dunque, per il tecnico campano, che aveva seriamente rischiato di non arrivare nemmeno alle castagne. La panchina dell’aeroplanino ha iniziato a traballare presto, in questa stagione: dopo un avvio in pompa magna supportato dalla spinta della stampa, da un entusiasmo galoppante da parte dei tifosi e da avversari modesti (per non dire scarsi), il Milan ha vissuto un effetto boomerang devastante non appena ha iniziato a incontrare squadre di buon livello. Le prime sconfitte hanno completamente sfaldato la truppa di Montella, gettando l’allenatore nella confusione più totale; i giocatori hanno presto perso le proprie certezze, seguendo di pari passo il percorso del tecnico.
La dirigenza rossonera ha dato tante, troppe possibilità a Montella: l’esonero è certamente tardivo, dal momento che il campionato del Milan è ormai compromesso; i primi 4 posti sono ormai andati, mentre per una posizione valida per l’Europa League ci sarà da lottare, come o probabilmente più dell’anno scorso. E lo dovrà fare una squadra che, dopo 5 mesi di lavoro quotidiano, non ha una fisionomia, non ha dei titolari, non ha un modulo e non ha uno spirito.
Il fallimento di questo avvio di stagione è direttamente proporzionale al successo dello scorso campionato, questo va detto: l’anno scorso Montella non solo ha raggiunto il sesto posto con una squadra qualitativamente mediocre, ha fatto molto di più. Ha vinto una Supercoppa Italiana che rimarrà nel cuore di tutti i milanisti, ha consacrato Donnarumma e lanciato Locatelli, ha fatto giocare molto bene la squadra, ha fatto di Suso e Bonaventura due signori giocatori oltre che due trascinatori, ha conferito un grande carattere ali suoi ragazzi. L’anno scorso il Milan non era mai sconfitto, fino al 90′: sono state tante le rimonte, tanti i punti guadagnati con il cuore nei minuti finali. In poche parole, tutto il contrario di quest’anno.
In questa stagione il Milan, quando è andato sotto, ha sempre perso, tranne che nell’ultima uscita in Europa League contro l’Austria Vienna. Montella ha cambiato moduli a raffica, ha schierato 23 formazioni diverse in 23 partite, ha soffocato l’esplosione di Cutrone e non ha dato fiducia ad André Silva. L’impegno c’è sempre stato da parte dei giocatori ma la veemenza nell’approcciare le partite, quella mai. Ed è questo che ci si aspetta principalmente dal suo successore, Gennaro Ivan Gattuso: la sua esperienza da allenatore è poca ma il suo carattere è ben noto. Nella situazione di classifica in cui era il Milan in questi ultimi due mesi, ci si sarebbe aspettati che ogni partita venisse affrontata con la cattiveria e la decisione che si sfodera in una finale. Invece Bonucci e compagni sono sembrati sempre timorosi, insicuri, sovrastati da una maglia e da uno stadio che, se non hai gli attributi, ti schiaccia inesorabilmente. Lo stesso Montella lo ha affermato ieri nel post partita, sostenendo che molti ragazzi non hanno reso perché non erano sereni.
Non si può aspettare di buttare alle ortiche anche l’Europa League (intesa sia come competizione che come piazzamento in campionato) per cambiare: Montella, lo ripetiamo, ha avuto più possibilità di quante fosse legittimo aspettarsi. Il doppio pareggio per 0-0 contro l’AEK aveva portato al limite la pazienza dei dirigenti, eppure hanno atteso ancora, sperando di intravedere un piccolo segnale di svolta. Così non è stato, le sfide con le grandi sono state deprimenti, le vittorie con le piccole comunque poco convincenti. La frase di Mirabelli nel post partita di Milan-Torino, ascoltata ora, era molto chiara: “D’ora in poi giochiamo per vincere, non per partecipare”. Una frase in forte contrapposizione alla classica nenia proposta da Montella a ogni conferenza stampa, che a lungo andare lo ha reso ridicolo agli occhi dei suoi tifosi. “Sono contento della prestazione”, “Ci è mancato solo il gol”, “Ho visto molti miglioramenti”, “Portiamo avanti la nostra idea di gioco”, “Sono tranquillo, ci vuole del tempo”, “Abbiamo giocato alla pari con Roma-Inter-Juventus-Napoli”, il tutto condito da sorrisi che trasudavano una finta tranquillità e falsa sicurezza nel proprio lavoro. I tifosi del diavolo, Mirabelli e Fassone ora vogliono un allenatore incazzato nero dopo prestazioni scialbe come quelle di inizio stagione. Vogliono uno alla Gattuso. Hanno scelto Gattuso.
Il compito di Rino non sarà facile, dovrà lavorare su tutti i fronti: motivazionale, sicuramente, per recuperare alcuni “assi” della rosa milanista che sin qui sono stati la brutta copia dei giocatori che in realtà sono: le tre B su tutti, Bonucci, Biglia e Bonaventura. Dovrà trovare il modulo adatto per valorizzare le qualità di una rosa sulla carta da primi quattro posti e per farlo, a differenza di Montella, dovrà schierare ogni giocatore nel suo ruolo: questo ci sembra un buon punto di partenza. Il suo lavoro potrebbe essere agevolato da un calendario in discesa e dall’enorme fiducia che tutto il popolo rossonero ripone in lui.
La scelta di Fassone e Mirabelli ci sembra assolutamente assennata: vista l’impossibilità di arrivare ad Ancelotti, inutile puntare su allenatori di medio livello quali Sousa, Mazzarri o simili. Meglio un traghettatore che conosca l’ambiente e che sappia trasmettere fiducia e carica agonistica ai suoi uomini, in modo da compattare lo spogliatoio e salvare il salvabile in una stagione finora maledetta. La nostra impressione è che Gattuso dovrà fare un autentico miracolo sportivo, però, per guadagnarsi la conferma a giugno: crediamo che i vertici rossoneri, con questa scelta, stiano preparando il terreno per l’assalto estivo ad Antonio Conte.