Russia 2018 – Croazia, quando il gioco si fa duro
Quinta qualificazione al Mondiale anche per la Croazia, che ha però una storia recente. Proprio come nel 2014 è servito lo spareggio per staccare il biglietto per la fase finale, dopo il secondo posto al Gruppo I UEFA in cui prima è arrivata l’Islanda.
È stato il passo falso contro la Finlandia alla penultima giornata a costringere i croati ai play-off, dato che gli scontri diretti con gli esordienti islandesi erano a favore (vittoria per 2-0 all’andata e sconfitta per 1-0 al ritorno).
L’11 giugno 2017 il colpo di testa dell’ex Juve Magnússon al 90′ inguaia Modrić e compagni, che a quel punto hanno un momento di appannamento e rischiano addirittura di farsi scippare il secondo posto dall’Ucraina. Questo perché, il 2 settembre 2017, dopo una gara dominata e incanalata dal gol di Mandžukić, il finlandese Soiri concede una chance insperata agli ucraini per l’ultima giornata: inevitabile il cambio d’allenatore, fuori Čačić e dentro Dalić (under 21)
Ma quando il gioco si fa duro la Croazia non sbaglia: il 9 ottobre Kramarić si prende Kiev con una doppietta che significa play-off, e per l’Ucraina fine dei sogni mondiali. Il 9 novembre i croati vincono 4-1 all’andata contro la Grecia, andando in gol con Modrić, Kalinić, Perišić e Kramarić e subendo la sola rete di Papastathopoulos. Questo risultato permette la gestione dello 0-0 al ritorno e la qualificazione a Russia 2018.
Un percorso frastagliato, fatto di cali di concentrazione, cambio d’allenatore, ma tanto cuore quando è servito. È una Croazia che, oggi più che mai, non poteva permettersi di non andare al Mondiale, perché ha una vastità di scelta e di qualità degna delle più forti squadre europee.
A partire dalla porta, dove fa buona guardia il monaghesco Subašić difeso da due come Lovren e Vida; la Croazia è la squadra del Gruppo I che ha subito meno, eppure si è piazzata seconda. Il centrocampo è portentoso, ma tutto passa dai piedi di Modrić e non potrebbe essere altrimenti: le sue assistenze agli attaccanti sono delizie, ma non faremo qui l’ennesima lode a un giocatore di cui tutti conosciamo il valore.
A proposito, gli attaccanti. Kalinić e Kramarić si giocano la maglia numero 9, ma c’è un particolare che mi piace più di tutti in questa Nazionale: le ali. Perišić e Mandžukić potrebbero fare le prime punte in qualsiasi squadra, ma hanno una corsa tale e una rabbia schifosa da convincere ogni allenatore a schierarli larghi. Per l’interista è prassi, per lo juventino è stata una novità degli ultimi anni (nonostante da giovane fosse quello il suo ruolo).
Potenti e incisivi sotto porta, sono perfetti dettatori dei passaggi di Modrić perché non sono fantasisti dal tiro a giro o semplicemente dei terzini aggiunti, ma vere e proprie punte a sostegno di quella davanti. I loro movimenti sono nel cuore dell’area di rigore, a sfruttare i centimetri o il sangue negli occhi.
Questo farà la differenza per la Croazia di Dalić, arrivato tre partite fa ma decisivo dopo la confusione. Il modo di giocare sostanzialmente non cambia, si tratta solo di far rendere al meglio giocatori che, francamente, ci stupiremmo a non vedere almeno agli ottavi.