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Russia 2018 – Se non abiti in Arabia Saudita al Mondiale non ci vai

Curioso l’inizio del girone di qualificazione dell’Arabia Saudita. All’esordio contro la Thailandia, in una partita che non riesce a sbloccarsi, Al Abed trova il vantaggio su rigore all’84’. Serve ancora la freddezza dal dischetto dell’attaccante dell’Al-Hilal per rimontare il gol iracheno alla seconda giornata: prima all’81’ e poi all’88’, due rigori che fanno impazzire di gioia i tifosi arabi e che vengono esultati con goffe capriole. Poi i figli del deserto iniziano a ingranare e hanno il merito di accumulare due misure in più dell’Australia nella differenza reti complessiva.

Per questo abbiamo scelto di raccontare come partita chiave la penultima del girone, nonostante gli arabi si siano qualificati il 5 settembre 2017, ovvero un turno più tardi, vincendo 1-0 con il Giappone mentre l’Australia faceva inutilmente altrettanto. Vogliamo raccontarvi la sconfitta dell’Arabia Saudita contro gli Emirati Arabi Uniti per 2-1 della settimana precedente, per citare ancora un altro rigore. Dopo circa venti minuti di gioco l’arbitro indica il dischetto e Al Abed (il solito Al Abed), che aveva subito il fallo, esulta come un matto. Forse sapeva che non l’avrebbe sbagliato. Si appresta a calciare e spiazza il portiere: è il primo gol di una partita finita male per la sua squadra, ma anche quello che decide la miglior differenza reti rispetto all’Australia.

Sulla panchina degli Emirati Arabi Uniti sedeva El Patón Edgardo Bauza, che non avrebbe mai immaginato cosa sarebbe successo un paio di settimane dopo. Il 5 settembre 2017 l’Arabia si qualifica al Mondiale di Russia 2018 grazie alla cannonata ravvicinata di Al-Muwallad. Qualche giorno dopo sembra scontato il rinnovo del contratto dell’allenatore olandese Bert van Marwijk, ma la residenza nel paese arabo viene imposto come requisito dalla Federazione. L’ex CT oranje non accetta la condizione e gli viene dato il benservito: al suo posto viene ufficializzato, al 15 di settembre, Bauza.

È quindi l’incertezza a regnare sull’Arabia Saudita pre-Mondiale, una squadra fino ad allora ben organizzata ed efficace nello sfruttare i movimenti delle ali e il dialogo con la punta. Non vorrei aver inficiato il lavoro di van Marwijk parlandovi solo di rigori: l’Arabia Saudita è la squadra che ha vinto più di tutte (6 partite) al pari del Giappone e quella che ha segnato più di tutte (17 gol) al pari ancora del Giappone. Come approcciarsi dunque a un Mondiale conquistato da un allenatore che se n’è dovuto andare?

Affidandosi al nuovo. Modulo preferito uguale (4-2-3-1) ma interpretazione leggermente diversa. Bauza predilige un gioco lungilinio, in cui i due mediani sono più degli incursori che degli incontristi, il contrario vale invece per van Marwijk. Le ali dell’olandese sono brave ad accentrarsi, a cercare il dialogo e a dare una mano (melliflua reminescenza Robben), mentre quelle di Bauza possono essere anche meno strutturate, basta che corrano, segnino e, se possibile, servano quello là davanti.

In questo modo giocherà la nuova (ma rodata) Arabia Saudita, sfruttando tutte le qualità delle ali e servendo di più la punta, con dei mediani più liberi di spingere, considerato che è una propensione naturale dei poco ordinati centrocampisti di quella zona di mondo. Il rischio può essere quello di perdere la testa, o la difesa. Buona fortuna Bauza.