Home » Russia 2018 – Giappone: Halilhodžić, i giovani e i tedeschi

A distanza di più di due mesi dai colleghi iraniani del gruppo A, il 31 agosto 2017 il Giappone chiude i giochi per quanto riguarda il girone B e stacca il biglietto per la Russia. È il sesto Mondiale a cui partecipa la Nazionale nipponica, peraltro consecutivamente. Arrivati addirittura agli ottavi nel 2002 e nel 2010, nel 2018 dovranno far valere una scaramantica legge dell’alternanza e passare il girone.

Noi siamo così distanti e fatichiamo a credere che lo sport sia lo stesso, ma soprattutto non capiamo se il Giappone del calcio si stia muovendo in avanti o rimanga appena sopra l’asticella. Nascono giocatori di talento oggi, giocatori che fanno carriera anche in Europa: molti passano per la Germania, una decina ne abbiamo avuti anche in Serie A. Quindi la risposta ai nostri dubbi è sì, il Giappone sta facendo grandi passi in avanti, basti pensare che a Francia ’98 la Daihyō si presentò con ventitré calciatori in attività esclusivamente nel proprio paese. Resiste una rappresentanza della J1 League (massimo campionato giapponese), ma l’esportazione calcistica è cresciuta notevolmente, soprattutto in direzione Bundesliga.

Ma parliamo del Giappone di oggi: la qualificazione nipponica è un dramma tutto australiano. Infatti, per chi non lo sapesse, dal gruppo B sono uscite qualificate Giappone e Arabia Saudita, mentre i socceroos sono andati ai play-off. Il 31 agosto sono state la rete di Asano, servito deliziosamente da Nagatomo, e la perla del giovane Ideguchi a far esplodere la gioia di Halilhodžić e di tutto il Giappone, dopo una partita equilibratissima contro i campioni d’Asia in carica dell’Australia.

Halilhodžić è il commissario tecnico dal marzo 2015, ovvero dopo la coppa continentale in cui i nipponici vennero eliminati ai quarti di finale dagli Emirati Arabi Uniti. Javier Aguirre, l’allenatore di allora, venne di lì a poco sollevato dall’incarico per dei suoi coinvolgimenti in un sistema di partite truccate quando allenava il Zaragoza e al suo posto venne chiamato proprio l’ex tecnico del PSG. Halilhodžić, bosniaco, rinunciò ad allenare la propria Nazionale per quella nipponica ma iniziò con una deludente sconfitta ancora contro gli Emirati Arabi la sua avventura verso Russia 2018; tuttò si sistemò con gli 8 risultati utili consecutivi successivi.

Come abbiamo già detto la vittoria sull’Australia segnò il timbro russo sul passaporto giapponese, ma ha una rilevante importanza anche il pareggio dell’andata a Melbourne, dove il gol all’avvio di Haraguchi, attaccante dell’Hertha Berlino, permise il pareggio per 1-1 visto il rigore realizzato nella ripresa da Jedinak.

Questi citati sono solo alcuni degli uomini del nuovo corso calcistico nipponico, fatto di grandi nomi di qualche anno fa non più indispensabili (vedi il semi-decaduto Honda), di una difesa non impeccabile ma composta da terzini noti e comandata dal centrale del Southampton Yoshida, di un centrocampo votato all’attacco il cui fuoriclasse è Kagawa e infine di un attacco quasi completamente europeo, in cui le ali sono minacce affiancate dal trequartista e in cui le punte, spesso, sbucano sui traversoni dei terzini.

In un modulo che si preferisce definire un 4-2-1-3 piuttosto che un 4-2-3-1 la fanno dunque da padroni l’idolo Kagawa, che può fare più o meno quello che vuole sulla trequarti, i tre davanti, solitamente Mutō, Osako e Kubo, tutti di educazione tedesca a parte l’ultimo, che dopo gli Young Boys si è trasferito al Gent, e infine il mediano classe ’96 Ideguchi, ancora chiuso nel campionato nazionale ma su cui scommetterei fortemente: la sua licenza di fucilare da fuori può essere micidiale.

È dunque questo il Giappone che affronterà l’avventura in Russia, qualche cambiamento ma nulla di sostanzioso. Un occhio al prossimo Mondiale e un altro al futuro calcistico: i giovani per continuare a qualificarsi ci sono, forse con Halilhodžić o forse con qualcun altro. Sei partecipazioni consecutive e il pensiero alla settima, il Giappone non è l’ultimo arrivato.