Editoriali

Ce la faranno i nostri eroi?

Magic Johnson si avvicina al microfono. O meglio, si abbassa verso l’apparecchio.
“Perché vogliamo vincere!”

La domanda che gli rivolge il classico cronista angelino impiccione è lecita. Riguarda Clayton Kershaw, fenomenale lanciatore, rinnovato con un contratto da 215 milioni di dollari dai suoi Dodgers. Siamo nel 2013, e la nuova proprietà miliardaria ha appena sborsato 1 miliardo per assicurarsi la franchigia californiana. Di fronte a tutti questi dollari, palesemente in controtendenza con il resto della MLB in cui si spende poco e molto meno di un tempo, Magic, estremamente intelligente ma di certo non un giornalista di Forbes, non sa opporre nulla se non la frase lapalissiana che vi ho citato poco fa.
“L’abbiamo firmato perché vogliamo vincere!”

Peccato che i Dodgers non ci siano ancora riusciti.
Stagione 2014: 235 milioni di stipendi ai giocatori – fuori al primo turno di playoff
Stagione 2015: 273 milioni di stipendi ai giocatori – fuori al primo turno di playoff
Stagione 2016: 265 milioni di stipendi ai giocatori – fuori al secondo turno di playoff

Nel 2015 la World Series viene vinta dai Kansas City Royals, con 112 milioni di stipendi, 160 in meno della squadra angelina.
Spendere in stipendi non è più la chiave per vincere il premio più ambito nel Mondo del baseball. L’ho descritto spesso su queste pagine, la programmazione pluriennale basata sull’analisi statistica rende infinitamente di più, creando organizzazioni vincenti e sane da un punto di vista finanziario.

I Chicago Cubs sono il migliore esempio: dopo una serie di scambi di giocatori, il management è riuscito a portarli ai Playoff in tre stagioni consecutive, vincendo l’anno scorso una World Series che non arrivava da 110 anni. E 100 milioni di salari in meno dei Dodgers.
È così che i Dodgers passano per la squadra “cattiva”, antimoderna, spendacciona in un tempo di spendng review continue e crisi globali. Ai suoi proprietari, della cui cordata l’ex Lakers è il membro più in vista mediaticamente, però poco importa. Allo stadio la gente la portano investendo, non vincendo, essendo sulla bocca di tutti più che nella sorpresa degli addetti ai lavori.
Visione angelina dello sport: soldi, spettacolo, vinci, ripeti.

Una visione che segna nuovamente un‘epoca: se negli anni ‘80 il florilegio economico californiano giustificava tali sperperi, giustificarli oggi sembra più difficile. Aggiungiamoci poi il moneyball, atto a sconfiggere la crisi senza sacrificare i trofei e il quadro è completo, possiamo comprendere la domanda di quel cronista.
Però c’è chi può permettersi Clayton Kershaw, che in questi giorni ha guidato i suoi alla World Series contro gli Houston Astros (1-1 mentre scrivo, 2-1 quando leggerete). Se vinceranno, sarà merito di chi ha tirato fuori quei 215 milioni di dollari per sette anni per il lanciatore asso della squadra.
Tanto quanto il titolo dei Cubs dell’anno scorso era figlio della strategia ispirata dall’analisi statistica.

In definitiva, credo il baseball MLB non sia mai stato così avvincente: gli impiegati a contare soldi e valide da una parte, con tabelle sabermetriche lunghe chilometri stampate sul muro. Dall’altra, due o tre miliardari pazzi scatenati a ricoprire d’oro i “migliori” giocatori al Mondo fumando un sigaro, manco si fosse, per fare un esempio, nel calcio europeo.

Per ogni Magic Johnson c’è un Paul DePodesta, insomma. Per ogni riccone, un secchione. È l’età di queste due tribù e la World Series che si svolge in questi giorni ne è una dimostrazione. Perché alla fine la pallina non sa chi merita di più e perché mai dovrebbe farlo.
Lei va dove viene, o non viene, battuta.

Published by
Dario Alfredo Michielini