Dalla prima alla sesta. Sei cambi di rapporto, sei velocità diverse, sei protagonisti e sei chiavi di lettura.
1) Marquez. Guida da dominatore: gestendo, a tratti quasi irridendo, i suoi avversari, senza mai perder di vista la Ducati nelle retrovie e sferrando l’affondo decisivo solo negli ultimi giri. Il sesto successo stagionale (il terzo in carriera in terra australiana) è quello dell’allungo mondiale. Trentatre punti di vantaggio sul Dovi a sole due gare dal termine, ed almeno una mano e mezza sul suo quarto mondiale Moto Gp, il sesto complessivo. In Malesia “pochi rischi e amministrare”, dice, ma a conoscerlo sarà difficile credergli.
2) Dovizioso. La Desmosedici torna in difficoltà come mai in questa stagione. Problemi vecchi (percorrenza in curva) difficili da estirpare e lui, il Dovi, che non risparmia qualche errore di traiettoria come alla fine del primo giro. Morale? Un tredicesimo posto sotto la bandiera scacchi talmente brutto da non convincerci possa appartenere alla realtà. Almeno quella recente. A Phillip Island aveva vinto solo una volta, era la 125 del 2004, per ritrovare l’ultimo successo a Sepang (prossima gara) basta tornare indietro di appena 12 mesi. Sarà di buon auspicio? Sicuramente sarà un’ultima chiamata per il mondiale.
3) Rossi. Dopo il mezzo miracolo di Aragon e lo scivolone di Motegi, eccolo tornare Dottore tra le curve dei canguri. Staccata e sportellate, con tanto di calco del pneumatico dell’HRC di Marquez lasciato in eredità sulla spalla, come ai tempi migliori. Come prima di una frattura tibia e perone che, ancora prima di Honda e Ducati, ha rappresentato il suo vero ostacolo verso la rincorsa del “Decimo”. Meno due al termine e l’imperativo di essere protagonista. Lo vogliono lui e la Yamaha. Ne abbiamo bisogno tutti, ovviamente e come al solito.
4) Crutchlow&Iannone. Il primo stampa un quinto posto sotto la bandiera a scacchi e l’ennesima bella gara, tutta testa e determinazione, in un circuito che un anno fa lo vide conquistare la vittoria e che già ai (primi) tempi con la Yamaha lo scoprì inaspettato protagonista. Il secondo, si accontenta di un sesto posto dopo aver duellato a lungo per il podio e tradito soltanto da un calo del grip al posteriore nelle battute finali. Dopo Motegi la crescita della Suzuki GSX-RR è evidente, ed anche i musi, lunghi, degli ultimi mesi sembrano diventati sorrisi coinvolgenti.
5) Zarco. L’acuto di Les Mans ed un buon inizio di stagione ne avevano sottoscritto, da subito, il talento. Il quarto posto di Phillip Island, la bagarre spalla a spalla con le due Yamaha di Valentino e Vinales per un posto sul podio ne legittima, oltre modo, il carattere. Con due gare d’anticipo vince il titolo di rookie of the year, in attesa che un team ufficiale decida di affidargli cavalli e ambizioni per il futuro che verrà.
6) Mir. In attesa di Marquez, e nella speranza di Morbidelli, la prima M a far rima con Mondiale in questa stagione 2017 è quella del ventenne di Palma di Maiorca. In Australia è arrivato il nono successo e l’undicesimo podio dell’anno, ma soprattutto è arrivato il primo titolo iridato di una carriera, apparentemente, da predestinato. La Spagna si gode l’ennesimo prodotto di un vivaio interminabile. Agli altri, il compito, di inseguire.