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Fonte immagine: pagina Facebook ufficiale Luigi Datome @GigiDatome

Gigi Datome, capitano della nazionale di basket, non indosserà la canotta azzurra ai prossimi appuntamenti continentali.
Si tratta di una decisione, se analizzata superficialmente, scandalosa. Un giocatore, si sa, cresce col sogno di indossare un giorno la maglia della Nazionale, rappresentare sé stesso, la sua famiglia e il suo senso di appartenenza.

Eppure, Gigi ha ragione.
Ce l’ha perché ha spiegato i motivi della sua scelta (non era dovuto!), e perché ci ha messo la faccia. Lo ha fatto con un post sui social network, dove da sempre suole mantenere un approccio abbastanza franco e diretto con amici e sostenitori. Gigi è il capitano di un’ItalBasket lontana dai fasti di un tempo e la sua assenza farà un male cane, quanto a efficacia sul campo – un uomo con esperienza in Eurolega ed NBA non lo regali mica – e anche sul piano caratteriale, della leadership. Gigi ha gli attributi, come si dice in gergo sportivo, sa e può stare di fronte a certi avversari.

Sa reggere certi contesti, sì. Il problema è che non è stato messo, dopo anni e anni di sacrifici – il basket delle nazionali è sfiancante e non si ferma mai, quante volte lo dobbiamo scrivere? –, nelle condizioni di dire ancora sì. Di accettare la convocazione, vivere sin dall’inizio il ciclo (ci auguriamo vincente) di Meo Sacchetti, di capitanare ancora una volta l’Italia.
Questa difficoltà è figlia della querelle tra FIBA ed Eurolega, della follia di inserire le partite di qualificazione nel cuore della stagione domestica e (soprattutto) di quella di EL.

Non ce ne vogliano FIP e FIBA ma noi, francamente, stiamo con Gigi. E non ci piace il basket che invece di promuovere sé stesso e conquistare nuovo pubblico, si inserisce all’interno di un prodotto e di una competizione che, risposta dei tifosi alla mano, funzionano.