I lettori di questa testata, modestamente, saranno stati tra i pochi, ieri pomeriggio, davanti alla macchinetta del caffé in ufficio, ad avere qualche argomento tecnico da spendere, parlando della Svezia, che gli Azzurri affronteranno il 10 novembre alla Friends Arena di Stoccolma, con ritorno il 13, quasi sicuramente a Milano. Nell’ambito, infatti, della nostra rubrica di calcio estero, più di una volta abbiamo dedicato spazio alla nazionale Blågul (l’ultima volta in occasione della vittoriosa partita con il Lussemburgo, che ne ha di fatto sancito la qualificazione a questi spareggi).
Cosa aggiungere a quanto si è già scritto, in questi due anni, parlando della nazionale scandinava del dopo Ibrahimović, soprattutto a chi ci legge per la prima volta? Per prima cosa, diciamo che in Svezia non l’hanno presa benissimo: i colleghi che abbiamo contattato erano piuttosto contrariati da questa scelta delle Dea Bendata, visti i precedenti sorteggi (ultimo spareggio mondiale col Portogallo futuro campione d’Europa, girone di qualificazione tra i più duri con la Francia vice campione d’Europa, l’Olanda e la Bulgaria), e speravano in una tregua da parte del fato.
Premessa la diversa composizione dei gironi affrontati dalle due compagini, che rende l’idea del valore del traguardo raggiunto dalla Svezia, appare abbastanza ovvio che l’Italia sia favorita, al netto di scaramanzie che non ci appartengono. Allo stato attuale, la squadra guidata dall’ex tecnico del Norrköping vincitore dell’Allsvenskan 2015, “Janne” Andersson, è una compagine in linea con quanto si vede nel proprio campionato (anche se nessuno dell’11 titolare gioca in patria): il modulo tattico è un granitico 4-4-2, tipico di queste latitudini.
Non ci sono giocatori particolarmente talentuosi (analogamente a ciò che accade alle squadre dell’Allsvenskan), fatta eccezione per Forsberg, che gioca in Bundesliga nel Lipsia, dove sta facendo bene, nonostante militi in una squadra non di vertice, Berg (non certo un fenomeno, ma capace di garantire gol e muscoli davanti), e Victor Lindelöf il quale, strappato a suon di sterline (tante) al Benfica dal Manchester di Mourinho, oggi non sembra godere di troppa considerazione da parte dell’ex tecnico dell’Inter.
Nella nazionale Blågul il centrale difensivo è invece titolare inamovibile, dove fa coppia con Granqvist, con Lustig e Augustinsson (campione d’Europa con l’U21) terzini di fascia. “Janne”, come abbiamo scritto in altre occasioni, ha avuto l’accortezza di non seguire l’onda, che gli chiedeva di pensionare l’intera squadra reduce dal fallimentare europeo francese, sostituendola con il blocco dell’U21 campione d’Europa l’anno prima.
A riprova di quanto sopra scritto, tiene in panchina il mediatico Guidetti (un idolo in Svezia, anch’egli nella U21 del 2015), preferendogli Berg e Toivonen, e ha abbandonato al suo destino anche Kujović, sparito dai radar (una sola partita ufficiale in due stagioni tra Gent e Fortuna Düsseldorf ) dopo che, con 21 reti, aveva di fatto regalato il titolo all’allenatore originario di Halmstad. I due davanti non sono dei fuoriclasse, ma garantiscono chili e una buona attitudine nel gioco aereo (4 i gol di testa di Berg sugli 8 messi a segno in questa campagna di qualificazione ai Mondiali), importante per una squadra che predilige il lancio lungo agli attaccanti, per saltare il centrocampo.
Il modulo semplice e lineare garantisce, quindi, alla Svezia, una buona tenuta difensiva, nonostante i due centrali non siano velocissimi, e vadano in crisi nei momenti nei quali la squadra si allunga, conseguenza di questo modulo quando si cerca il gol. Il segreto di “Janne” è quello di avere applicato in nazionale il metodo Norrköping: poche cose da fare, ma fatte bene, supplendo con la potenza fisica e atletica al minore tasso tecnico individuale rispetto alle avversarie più quotate.
In fondo, come sappiamo, il calcio è cosa semplice: se corri più veloce di un giocatore più abile e talentuoso, anticipandolo, e sei più forte di lui quando lo contrasti, prima che riesca a impadronirsi del pallone, difficilmente riuscirà a superarti. In conclusione, un’avversaria ampiamente alla portata degli Azzurri ma, sotto certi aspetti, la peggiore del mazzo: per la forte identità, e per la forza fisica. Insomma, bisognerà avere le idee chiare in campo. Cosa che, come abbiamo visto, in questo momento non fa parte del patrimonio tecnico della nostra Nazionale.