“Ma le calciatrici esistono davvero?”
“Una notizia interessante per la pari opportunità arriva dalla Norvegia: sancita la parità salariale tra calciatori e calciatrici in Nazionale. In Italia, la strada verso la parità salariale tra uomini e donne è ancora lunga. Partire dallo sport è un segnale forte e simbolico: in tutto il mondo, i calciatori uomini sono pagati molto più delle loro colleghe. Domani col ministro Luca Lotti daremo vita a un tavolo di lavoro su questi temi. #avanti, #insieme.”
Con questo messaggio la Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri nel Governo Maria Elena Boschi martedì mattina ha scatenato un autentico putiferio. E sì, perchè il web ha decretato che il messaggio della politica italiana non solo non fosse degno di nota ma fosse addirittura degno di scherno e derisione. E poco importa se le sportive italiane aspettano dal lontano 1981 (quindi da appena trentasei anni!) che il Parlamento sani questa profonda discriminazione che esiste tra sport maschile e sport femminile che dice che gli uomini che praticano attività sportive sono professionisti (e quindi con tutte le tutele e i soldi del caso) mentre le donne no.
A stretto giro di posta arriva la risposta del presidente dell’Associalciatori Damiano Tommasi via ANSA: “Dobbiamo lavorare sull’applicabilità del progetto legato all’introduzione del professionismo femminile, che in Italia non c’è. E’ positivo che si parli delle tutele, di dare opportunità, le stesse possibilità. Per arrivare al professionismo dobbiamo intraprendere un percorso.” Percorso che è stato appena intrapreso in Norvegia, dove la federazione scandinava ha deciso di equiparare i salari per eliminare le differenze di genere: le donne guadagneranno, come gli uomini, 639mila euro, poco meno del doppio di quanto percepivano prima, mentre lo stipendio dei colleghi maschi diminuirà di soli 56 mila euro. La questione è molto combattuta anche in Europa del Nord dove l’’amichevole tra Danimarca e Olanda di tre settimane fa è stata annullata dopo un acceso dibattito sulle paghe più basse rispetto a quelle degli uomini.
In fondo è tutta qui la questione di cui parla la Boschi, la parità tra calcio maschile e femminile: esiste una proposta di legge, la 4/12495, presentata l’11 marzo del 2016 dalla deputata Beatrice Brignone per eliminare il divario tra lo sport professionistico maschile e quello dilettantistico femminile sulla quale non abbiamo mai sentito proferire parola nè dalla FIGC nè da Morgana. Sarebbe un buon viatico per innescare un percorso virtuoso che permetta all’Italia sportiva di abbandonare il pantano medioevale in cui si trova e dare dignità a tantissime atlete di cui ci ricordiamo ogni 4 anni (se va bene) quando diventiamo tutti olimpionici professionisti.
Questa a nostro avviso è l’unica strada percorribile: riconoscere il professionismo, investire sulle strutture, entrare nelle scuole (dove purtroppo l’attività motoria è delegata a disciplina di secondo piano) e nelle famiglie facendo capire ai genitori cosa il calcio possa offrire ad una bambina in termini di crescita, formazione ed autodeterminazione. Le bambine sono pronte al cambio di passo e sono curiose per natura, c’è solo da non smorzare il loro entusiamo per quella che ancora da molti viene vista come “una cosa per maschi”.
Sarebbe davvero lunga e anche abbastanza ignominiosa da parte mia annoverare e raccontare in questa sede gli attacchi che la Boschi sta ricevendo su ogni social dopo il suo messaggio: vista però la situazione e visto che alcuni messaggi mostrano in pieno l’arretratezza mentale che circonda ancora il calcio femminile, ho deciso di fare una sorta di selezione dei messaggi peggiori, giusto per far capire alle calciatrici che ho il piacere di seguire da ormai più di tre anni in che Italia si trovano. Qui sotto troverete le immagini dei messaggi opportunamente vagliati: il titolo stesso dell’articolo è solo uno dei tanti commenti che ho trovato in rete. Vi consiglio un Maalox prima della lettura.