S’è parlato tantissimo, alla vigilia di questa pausa per le Nazionali, di possibili grandi stravolgimenti nelle gerarchie di forza che regolano i rapporti tra le varie selezioni in virtù di diverse qualificazioni mondiali a sorpresa e altrettante esclusioni eccellenti. In particolare, s’è discusso per un tempo più o meno infinito delle difficoltà dell’Argentina di Messi e Sampaoli, dipinta più volta come a un centimetro dal baratro quando, invece, è sostanzialmente sempre stata in possesso del suo destino – e infatti, anche se tra qualche balbettio, s’è qualificata direttamente senza nemmeno passare dallo spareggio intercontinentale.
Quindi, con l’allarme albiceleste finalmente alle spalle, la nostra attenzione si può rivolgere a chi davvero guarderà la Coppa del Mondo dal divano di casa sua, probabilmente rosicando anche.
E tra le squadre rimandate al 2022 merita una menzione molto speciale il Cile, reduce da due campagne mondiali solide, in particolare quella brasiliana del 2014 (in cui probabilmente avrebbe meritato più di quell’ottavo contro i padroni di casa, segnato dalla traversa di Pinilla) ma, soprattutto, da due affermazioni di fila in Coppa America – che poi sono anche i primi due trofei rilevanti mai vinti dalla Roja. L’attuale gruppo cileno è il più vincente della storia del Paese nonché il più forte e, mancando l’appuntamento russo, di fatto priverà i suoi giocatori simbolo di un’ultima sgambata mondiale in carriera e, a conti fatti, del loro canto del cigno internazionale. Non è chiarissimo come i bicampioni sudamericani abbiano potuto prendere così disgraziatamente sotto gamba le qualificazioni – leggerezza condivisa con Argentina e Colombia – ma le risorse per garantirsi il viaggio in Russia c’erano tutte: l’errore è stato sicuramente nell’approccio e la gestione Pizzi è stata lacunosa, Copa América Centenario a parte. I Vidal, i Sánchez, gli Aránguiz, i Claudio Bravo difficilmente arriveranno ai mondiali qatarioti (King Arturo e Medel si sono addirittura ritirati dalla Nazionale) o, nel caso ce la facciano, per allora non dovrebbero comunque più essere le superstar della nazionale cilena sicché la rassegna iridata russa rappresenterà una macchia nella loro carriera internazionale. E sarà più che meritata perché, onestamente, il Cile non ha affatto combinato abbastanza per potersi meritare il viaggio nel paese di Tolstoj.
Un’altra Nazionale che in Russia non ci sarà è l’Olanda, già assente agli Europei dello scorso anno (quando era quasi più facile esserci che mancarli). Gli Oranje stanno attraversando una profondissima crisi di risultati che senz’altro trae la sua origine nella minor quantità di talento disponibile per la Nazionale ma, contemporaneamente, anche nella scarsa disponibilità dei migliori allenatori olandesi verso la federazione che, dal canto suo, negli ultimi anni, al di là dello yesman Danny Blind, ha sempre provato a riciclare grandi personalità della panchina che però già da un pezzo avevano imboccato il viale del tramonto. Nel caso di van Gaal ha pagato (anche ben oltre le aspettative) ma i ritorni di Hiddink e Advocaat sono da collocare tra il desolante e il ridicolo. La KNVB ora dovrà necessariamente imporre un ricambio generazionale alla squadra e a chi la guiderà perché rivedere tra i convocati i vari Sneijder, van Persie e Stekelenburg sarebbe una sconfitta. Le leggende si onorano, certo, ma poi si invitano anche all’uscita, quando è il momento. Paradossalmente, l’unico giocatore arancione un po’ agée che però avrebbe ancora potuto essere utile è anche l’unico che si è effettivamente ritirato (ovviamente Arjen Robben).
Poi come non nominare gli Stati Uniti? I giocatori a stelle e strisce, guidati dal redivivo Bruce Arena, si sono clamorosamente suicidati la notte scorsa contro Trinidad & Tobago che, fino a quel momento, aveva perso otto partite su nove del gironcino di qualificazione. Cadendo all’Ato Boldon Stadium (sì, fa un po’ ridere ma è anche bellissimo), gli USA sono passati dalla quasi certezza di una qualificazione diretta a un’esclusione tanto inattesa quanto dolorosa che lascia piuttosto sconcertati. Va anche detto che tutta la campagna di arrivo ai Mondiali è stata condotta in maniera deficitaria e che, se certamente sorprende l’esclusione, non si può dire altrettanto del gioco molto poco convincente mostrato dagli Yankees in più riprese – in questo senso, la cacciata di Klinsmann in favore del ritorno dello stesso Arena non ha sortito alcun effetto: Dempsey & co. giocavano male prima e hanno continuato a giocare male dopo.
Dopo essere stato una delle sorprese agli scorsi Europei, mancherà i Mondiali anche il Galles di Ramsey e Bale. Il girone con Serbia, Irlanda, Austria, Moldavia e Georgia era tutto sommato ampiamente alla portata e aver perso in casa l’ultima e decisiva partita proprio contro l’EIRE (quando sarebbe bastato il pari) contribuisce a dare quella sensazione di seppuku che, di norma, si tende a definire “fallimento”. Considerando la storia della nazionale gallese è difficile parlare di flop assoluto per una non qualificazione ma, guardando al potenziale tecnico, la sensazione che i play-off fossero un obiettivo raggiungibile resta. Forse i Dragoni hanno ancora bisogno di tempo per costruire una mentalità internazionale veramente vincente o, più semplicemente, nel biennio 2014-2016 sono riusciti a nascondere meglio i loro limiti.
Quattro esclusioni eccellenti o comunque notevoli che testimoniano come le qualificazioni ai Mondiali vadano affrontate con la massima concentrazione fino al raggiungimento dell’obiettivo pieno perché l’insidia è sempre dietro l’angolo (nel 90% dei casi più per demerito delle blasonate che inciampano quasi da sole che non per via delle “crescite miracolose” delle sfavorite). Va sottolineato con forza che si tratta di quattro Nazionali che giustamente rimangono a casa in virtù dei problemi mostrati prima di tutto a livello di mentalità e poi, per quanto riguarda Olanda e USA, anche come gioco di squadra. Cile e Galles, più solide tecnicamente, sono mancato prevalentemente sotto l’aspetto psicologico: una più per la difficoltà a trovare stimoli, l’altra ancora per una relativa inesperienza.
L’assunto è vecchio, trito e frusto ma sempre valido: ai Mondiali, tolto chi li organizza, nessuno va gratis. Occorre meritarlo sul campo, anche contro Trinidad & Tobago, Georgia, Bulgaria o Bolivia. Ovviamente sperando che l’Italia non abbia bisogno un ripasso del concetto ai prossimi spareggi…