Maledetti crociati
Fermarsi di colpo, non è mai bello. Fermarsi per tanto tempo finisce per essere perfino demoralizzante. Maledetto crociato: quel tendine che non regge sempre le sollecitazioni provocate da quei movimenti bruschi, a volte esagerati, obbligati da uno stile di calcio sempre più competitivo. Quest’anno, un’ecatombe in Europa.
È l’infortunio maledetto, sicuramente uno dei problemi più odiati dai calciatori, perché lo stop è lungo e il recupero è lento. Qualcuno dice che sia questione di DNA, di geni; secondo studi approfonditi, la questione è legata ai movimenti in campo, o forse è qualcosa che dipende dagli allenamenti, sempre più intensi con l’evolversi del calcio. Magari, tutte queste sono semplici ipotesi, e in realtà tutto l’argomento si esaurisce nella pura e semplice sfortuna. Sicuramente, negli ultimi tempi quello del crociato è un tipo di infortunio che accade molto più frequentemente rispetto a quanto la memoria sportiva ricordi; dopotutto il calcio è cambiato, e le ginocchia subiscono sollecitazioni molto maggiori rispetto anche solo a vent’anni fa.
Da quando è iniziata la stagione, in Europa, di calciatori, ne sono caduti tanti, sotto i colpi del crociato maledetto. Tumminello, Pejovic Letschert, Ribery, Ingegneri, VanHeusden, Mendy, Kishna, Russo, Orlando, Kayembé, Muniain, Paganinini, Luca Pellegrini, stanotte Gago con l’Argentina: in Italia e nel mondo, quello della rottura del legamento crociato è un maledetto comune denominatore. E per via dell’esigenza di riavere il prima possibile in squadra il calciatore, si prova addirittura ad affrettare – in modo incosciente, delle volte – il recupero dell’atleta, e il rischio che si corre è che succeda ciò che è capitato a Florenzi lo scorso anno, quando è ricaduto nell’incubo rompendosi per due volte il tendine dello stesso ginocchio, nel giro di pochi mesi.
Quando poi non c’è fretta di recuperare, ecco che arriva la sfortuna a mettersi di mezzo. Lampante il caso di Milik, che i crociati se li è fatti tutti e due: destro e sinistro, uno all’anno, l’apoteosi della sfortuna. Dopo aver saltato praticamente tutta la stagione 2016/2017, il polacco, quest’anno, dovrà fare altrettanto. Una maledizione, dicevamo, che non guarda in faccia veramente a nessuno: dai talenti appena sfornati dalla Primavera (e qui la sfortuna che si abbatte è davvero enorme) come l’interista Vanheusden e l’attaccante del Crotone Tumminello, ai campioni già affermati come Zlatan Ibrahimović, di cui si diceva fosse immortale, sì, ma fino allo scorso anno; e sarebbe paradossale, ovviamente, dimenticarsi di Giuseppe Rossi, che ha il record di essersi rotto tre crociati in carriera: due volte quello di una gamba, una volta quello dell’altra.
Perlomeno, è un infortunio da cui il più delle volte si riesce a recuperare, e che con le dovute precauzioni può addirittura essere messo alle spalle, perfino dimenticato. Sicuramente, è solo e soltanto il campo il luogo purificatore, la panacea a cui appigliarsi. Per tornare a sentire il profumo dell’erba, correre, segnare. E gli occhi chiusi di Florenzi, domenica scorsa a San Siro, bastano per far capire quanto, per chi ci è passato, un gol, sia così importante…