In Primo Piano

Per sempre

Se avessi dovuto scrivere un anno fa questo pezzo probabilmente lo avrei intitolato Para siempre, ma la Spagna oggi è diversa. È in piena crisi indipendentista catalana e, di riflesso, in piena crisi calcistica. In tantissimi hanno provato a immaginare una Nazionale della Catalogna, hanno provato a schierarla in campo con i migliori in circolazione, ma la vera domanda è: riusciamo a immaginare una Nazionale Spagnola orfana dei catalani?

La traduzione in catalano del nostro per sempre è per sempre: sì, è identica. Non lo sapevo, è stata una scoperta curiosa. E allora Andrés Iniesta per sempre al Barça. Da spagnolo di Fuentealbilla, non in Catalogna, l’idea del capitano Blaugrana è che la questione catalana sia complessa e distorta da entrambe le parti. Certamente Piqué sta facendo molta confusione, ma don Andrés è un signore. Le sue sono scelte di cuore, ama il Barcellona e ama la Spagna, perché ci si può sentire legati fortemente a più di una maglia.

Iniesta fa parte di quell’ormai rara schiera di giocatori che non se ne sono mai andati, quelli che non hanno mai cambiato maglia, quelli che sono sempre rimasti lì. Certo è più facile quando il  è Barcellona, ma per don Andrés non esistono soldi o politica, per lui esiste solo il cuore. Nel 2002 fa il suo esordio in prima squadra e diventa presto patrimonio del calcio spagnolo (di tutta la Spagna, Catalogna compresa). La sua maglia numero 24 diventa presto l’indistinguibile 8 dell’ordine fatto a persona.

Ordine non frenetico, ma un ordine trascendentale e bellissimo. Il gol al Chelsea in semifinale di Champions nel 2009 è tutto Iniesta: è tecnica, senso della posizione e incisività. Iniesta è visione di gioco, capacità d’inserimento ed eleganza perenne. Ordine di comportamento e atteggiamento, mai banale nella sua normale concezione delle cose. Nel 2010, prima che la Spagna partisse per il Sud Africa, era stata data una busta a ognuno dei ventitré convocati, all’interno dovevano scriverci cosa avrebbero fatto se avessero vinto la Copa Mundial. Ora sinceramente non ricordo cosa scrissero tutti, ma di Iniesta mi ricordo:”Cammino di Santiago“.

È uno di quei giocatori di cui capiremo la grandezza solo quando non ci sarà più, quando lascerà il Barça. Ne ho la netta percezione. Non possiamo capirlo ora perché non siamo in grado di andare oltre al nostro naso, sulla cui punta è inscenata l’ultima tragedia ispirata al duello Messi-Ronaldo. Aldilà di questa c’è il paradiso. C’è un uomo che non ha avversari perché da tutti è riconosciuta la sua maestosità e il suo essere uomo, questa era la prerogativa per riconoscere un eroe nei poemi omerici.

Per questo Iniesta è Per sempre Barça dal 6 ottobre 2017, cioè quindici anni dopo aver esordito con questa maglia. Contratto a vita: in pratica, don Andrés, rimani qui finché vuoi. Sembra un’utopia il contratto a vita nel calcio: è una cosa che non si fa. Ma perché non si fa? Iniesta vive con il Barcellona da quando aveva 12 anni, non è una questione di riconoscimento o di ricompensa, è una questione di cuore.

Il 6 ottobre 2017 Andrés Iniesta firma un contratto a vita con la squadra in cui gioca da quando era alle medie, è una storia d’amore bellissima. L’uomo saggio sa quando arriverà il momento di farsi indietro e solo allora avvertiremo un senso di vuoto nel vedere giocare la Spagna o il Barcellona. E così in Catalogna blindano uno spagnolo, perché non importa la scelta politica e non importa da dove si viene: è molto più semplice scegliere con il cuore.

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