“Country roads take me home to the place I belong. West Virginia, mountain momma, take me home, country roads”.
È la primavera del 1971 quando John Denver pubblica il suo quarto album discografico; il cantante folk scala le classifiche con il brano “Take me home, country roads“, ignaro di aver composto una canzone ‘di provincia’ che nei decenni a venire prenderà la forma di un successo planetario. La composizione, dal testo semplice e sublime, non solo spopola nei quattro angoli della terra, ma diventa il vero e proprio inno del West Virginia.
Denver riesce nell’intento di mappare un posto paradisiaco (“Almost heaven“), altrimenti sconosciuto ai più; la catena montuosa degli Appalachi domina l’orizzonte, i fiumi scorrono ricchi e docili fra i pendii delle alture. E poi grotte, cascate, vallate e tanto, tanto verde che rendono il West Virginia un luogo tanto meraviglioso quanto diverso rispetto all’immaginario collettivo della costa Est.
La natura carsica dei rilievi e la presenza in profondità di grossi giacimenti di carbone fanno del West Virginia il secondo stato della confederazione per estrazione di combustibile fossile. Essere minatori per i West Virginians è sempre stato un sinonimo di retaggio, dato che una buona fetta della comunità lo è stata per generazioni. In questo settore a volte il pericolo è dietro all’angolo: nel 2010, infatti, una spaventosa esplosione nell’impianto di Upper Big Branch causa la morte di ventinove minatori (uno dei peggiori disastri americani degli ultimi cinquant’anni).
Lungo le placide sponde del Monongahela si adagia Morgantown, sede dell’università statale; la sua squadra di football richiama settimana dopo settimana migliaia di tifosi nel proprio campus, rendendo la città una delle più grandi attrattive del West Virginia. Si fanno chiamare “Mountaineers” e il motivo è evidente. Dopo la strage dell’Upper Big Branch l’università ha voluto rafforzare il legame fra “montanari” e “minatori”, dando vita alla tradizione del “Mantrip“.
Il termine “mantrip” è usato per indicare la navetta che trasporta i minatori in profondità ad inizio turno. Due ore prima dell’inizio delle gare casalinghe i West Virginia Mountaineers percorrono un tragitto di circa 300 metri dalla Don Nehlen Drive fino al Milan Puskar Stadium, accompagnati da una marea di sostenitori bardata in blu e oro. Ad attendere la parata all’ingresso del Northeast Gate c’è un blocco di carbone del peso di 160 chilogrammi, estratto proprio nella miniera dell’incidente: in cerca di fortuna e ispirazione, i giocatori sfiorano la massa, abbracciando simbolicamente chi perse la vita quel giorno nella cava.
Un gesto semplice, per ricordare quanto sia profonda la connessione fra la terra e l’uomo in uno stato come il West Virginia, privo di professionismo sportivo e amenità metropolitane, che ruota completamente attorno al duro lavoro e al football dei Mountaineers. Sembrerà la solita frase fatta, ma dentro la grande America c’è una piccola America, ignota, quasi invisibile, che il college football e le sue tradizioni riescono sempre ad elevare a potenza.
“All my memories gathered ‘round her. Miner’s lady, stranger to blue water. Dark and dusty, painted on the sky, misty taste of moonshine, teardrops in my eye”.