L’inizio di stagione con l’acceleratore completamente premuto ha catapultato gli Oklahoma State Cowboys (#6) dall’anonimato della linea mezzana del ranking alle porte della Top-5. Lo status di possibile outsider è stato subito stretto ai ragazzi di Mike Gundy, che, a suon di punti e giocate a effetto, si sono conquistati l’attenzione degli esperti, al punto da diventare nell’arco di sole tre settimane una delle più forti candidate ai Playoff di gennaio. La troppa reclame positiva ha creato un’aurea di invincibilità attorno alla squadra, ma, come spesso accade nel mondo del College Football, questa condizione ha avuto la medesima durata della vita di un efemerottero.
I favori del pronostico sono tutti per i Cowboys nel match di apertura della Big XII Conference contro TCU (#16); il Boone Pickens Stadium accoglie le Horned Frogs di Forth Worth consapevole del divario tecnico fra i due programmi. Il vento sferza le praterie dell’Oklahoma, ignaro che il suo soffio sarà foriero di cambiamento. La forza delle convinzioni dei padroni di casa dura appena quindici minuti: Mason Rudolph, dopo un inizio col singhiozzo, vede in profondità il solito James Washington balzare sulla diligenza e gli recapita una missiva che recita “86 yards touchdown“. Il 7-6 sarà l’unico vantaggio che i Cowboys avranno sugli avversari per tutto il resto della gara.
TCU non è affatto una squadra spettacolare, ma sa lavorare benissimo ai fianchi del “nemico”. La scelta di correre per ben 52 volte nell’arco dei sessanta minuti porta a referto 238 yards, 3 TD e costringe agli straordinari la linea difensiva di Oklahoma State. Un Darius Anderson in stato di grazia macina campo per 162 yards, marcando tre mete e prendendosi di diritto i titoli in copertina. Non bastassero i giochi di corsa, il quarterback delle Horned Frogs, Kenny Hill, trova costanza nel lancio (suo tallone di Achille fin dai tempi di Texas A&M), chiudendo con un buon 22 su 33 e 1 TD.
La vera forza delle “rane cornute” è però la capacità di conversione dei terzi down: la percentuale a fine gara è uno stratosferico 63%, che la dice lunga sul tempo di possesso palla e sulla predominanza territoriale di TCU rispetto a Oklahoma State. Nonostante un passivo di venti punti a metà ultimo quarto, i Cowboys tentano la rimonta nel finale, ma alcune scelte discutibili della coppia Gundy-Rudolph e un pomeriggio davvero poco ispirato condannano gli arancioni di Stillwater alla prima sconfitta stagionale. I fischi e i “booh” di disapprovazione del Boone Pickens Stadium accompagnano la squadra ad un mesto ritorno con i piedi a terra e ringalluzziscono TCU, festante, a ben donde, sotto lo spicchio viola dei tifosi ospiti.
“Vogliamo essere ricordati e per farlo bisogna vincere partite come questa” dichiara in conferenza stampa il coach delle Horned Frogs, Gary Patterson; dopo anni di anonimato TCU vuole tornare a fare la voce grossa nella Big XII Conference e il ritorno ai piani alti del football collegiale non può che partire da qui. È d’obbligo invece un bagno di umiltà per i Cowboys, la cui prestazione sciapa e inconcludente rischia di mettere davvero a repentaglio la corsa alle finali nazionali.