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NCAA FOOTBALL – Un viaggio dall’apice al declino dei Baylor Bears

Copyright MondoSportivo.it / Foto J. Bravi

Quattro amici, accompagnati lungo le infinite autostrade texane dagli accordi ininterrotti della musica country, si trovano, a loro insaputa, nel posto giusto al momento giusto.

È l’ottobre del 2015 e nell’ultima tappa del nostro viaggio in Texas (300Km da Austin a Dallas) è prevista una sosta al “Texas Rangers Hall of Fame and Museum” di Waco. La visita ci catapulta in un mondo di eroi in carne e ossa, il cui senso del dovere e dell’onore schiude le porte di un universo dominato dal senso di giustizia e dall’amore per la nazione. Se Dio, patria e famiglia sono i capisaldi del perfetto cittadino americano, nello stato più conservatore dei cinquanta questa triade è un vero e proprio stile di vita. Sotto il garrire della Lone Star Flag vige però un quarto “comandamento”, forse il meno importante, senza ombra di dubbio il più sentito: il football.

All’uscita dal museo ci rendiamo conto di trovarci nelle vicinanze del McLane Stadium dell’Università di Baylor. Adagiato sul fiume Brazos, l’impianto si erge in tutta la sua magnificenza e ci accoglie con le sue facciate ricoperte da mattoni rossi. Il destino ci vuole qui, “nel posto giusto al momento giusto”, perché i Baylor Bears giocheranno in casa contro West Virginia il giorno successivo. Nessuna discussione: acquistiamo i biglietti su internet, mossi dal sogno di assistere ad una partita di college football.

Copyright MondoSportivo.it / Foto J. Bravi

Le emozioni del pre, durante e postpartita sono talmente intense che raccontarle in poche righe sarebbe riduttivo. Vi basti sapere che, al tempo, Baylor era la seconda squadra più forte della nazione e che il match contro i Mountaineers è stato vinto 62-38. L’essere stati testimoni dell’apice sportivo dei Bears ha galvanizzato la nostra passione per questo sport e, ora che il momento di splendore è lontano, pensare alle cause della “morte del programma” mette i brividi per la velocità e le modalità in cui è avvenuto.

Già durante la nostra presenza al McLane Stadium un campanello d’allarme riecheggiava nei corridoi universitari, a seguito dell’apertura di un’indagine per reati di violenza sessuale da parte di membri della squadra ai danni di alcune studentesse. Sam Ukwuachu e Tevin Elliott furono i primi ad essere condannati; in seguito, i rapporti dello studio legale “Pepper Hamilton LLP” portarono all’arresto di un altro ex giocatore, Shawn Oakman, e costrinsero il capo allenatore, Art Briles (in carica dal 2008 e quindi presente nel periodo dei reati), a dimettersi. Da Baylor furono allontanati anche Ken Starr, rettore dell’università, e il direttore atletico, Ian McCaw.

Il terremoto mediatico scaturito dalla vicenda creò un forte malcontento nella comunità sportiva nazionale; dopo il licenziamento di Briles molti giocatori, tra i quali il quarterback Jarrett Stidham, dichiararono l’intenzione di voler cambiare squadra. Ben più grave rispetto alla partenza del lanciatore titolare fu la volontà di tredici matricole, sette reclutate per giocare nella stagione 2016, sei per quella del 2017, di non volersi iscrivere all’università, stracciando di fatto la “National Letter of Intent” (documento ufficiale che sancisce l’impegno di un giocatore a firmare con il college in questione). Ripensando a come lasciammo i Bears due anni fa, lo scenario attuale sembra inimmaginabile.

Risulta piuttosto facile comprendere il perché del difficile momento che sta vivendo Baylor: nella gara inaugurale del 2017 è infatti arrivata la sconfitta shock contro i Liberty Flames, team di seconda divisione; lo scorso weekend a vincere al McLane è stato il modesto programma di UTSA. Il calendario d’ora in avanti si fa sempre più in salita e comincia a prendere forma lo spettro di una stagione senza vittorie.

Che ne sarà dei Baylor Bears? Non ci è dato saperlo, ma per quei quattro amici appassionati di football che hanno avuto l’onore (e la fortuna) di ammirare questa squadra in cima alla vetta, la speranza è che gli “orsi” possano tornare al più presto a “graffiare” come un tempo.