A fianco delle storie milionarie del calcio moderno, condito da VAR e altri rimedi estremi per la soddisfazione di un tifoso medio sempre più disilluso dallo sport dei Neymar, vive una realtà diversa.
Se non tecnicamente e tatticamente ardita, quantomeno apprezzabile.
Nel 2015 il milionario Danny Crowley, fondatore di FourSquare e uno di quei famosi quarantenni pieni di dollari a causa del boom di Internet, identifica nel calcio un’opportunità di riscatto per la provincia americana.
In questo brano su The Cauldron spiega come si crei una squadra di calcio da zero. Ma il “come” non può interessarci, anche se dovete sapere che costruire una squadra di soccer è molto più immediato che una di calcio, ve lo garantisco.
Più che altro è il “perché” ciò che spinge in un fresco giorno di fine agosto a ripescare la storia dei Kingston Stockade FC, team di quarta divisione americana. Un motivo già ve l’ho detto, il riscatto della provincia. Ma non solo: come lo stesso Crowley scrive, lui vuole vedere prima di morire gli Stati Uniti vincere una coppa del Mondo.
Per come ci espone il suo ragionamento, Crowley ha ragione. Se tutti facessero come lui e fondassero una squadra nel loro paesino, il calcio – maschile – potrebbe crescere enormemente in popolarità in America, il che avvicinerebbe poco a poco gli sconfinati ma poco densi States verso quel traguardo così insospettabile.
Lo Stockade, nome originato dalle alte barricate olandesi che proteggevano l’insediamento orange di Kingston dai villaggi vicini nel 17esimo secolo, domina sul web. Ha divise accattivanti, con rimandi alle inferriate e al colore arancione, e la presenza sui social è persistente. Lo shop della squadra vende cappellini, maglie da gioco e da allenamento, sciarpe.
Il mese scorso lo Stockade ha vinto il suo primo riconoscimento, trionfando nel suo girone, uno dei tanti della quarta divisione USA (NPSL). La coppa è ora esposta in un bar di Kingston, di fianco alla classica lavagna con i prezzi del giorno.
Crowley punta in altissimo, vuole qualificarsi per la US Open Cup. Però rimane terreno, vuole prima di tutto coinvolgere la sua regione, i cittadini del piccolo paesino dello stato di New York nel quale è nata la prima start-up del calcio a stelle e strisce.
Il territorio al centro di un progetto ambizioso, che punta al massimo ma che lungo la strada raccoglie e ridistribuisce ciò che di buono gli succede.
Guarda in alto, stringe mani in basso, poi sale di livello e così via. Nella speranza che ciò crei un passaparola salvifico per un movimento che vuole crescere e che può farlo a causa della vocazione a essere “terra delle libertà”, la stessa che definisce gli Stati Uniti come li conosciamo.
Noi non possiamo fare nulla, nell’immediato, contro chi – sono sicuro mi seguirete – fa assumere un calciatore da una rassegna mondiale per permettergli di avere i soldi per staccarsi dalla sua squadra corrente e accasarsi in quella di chi quella stessa rassegna mondiale la sta organizzando.
Danny Crowley può, e l’ha fatto. Altri in America potranno, e lo faranno. Io non posso fare altro che scriverne, nel tentativo di gettare un piccolo sasso nel mare salato del calcio europeo, barbaramente razziato in ogni porto.
Se le faremo insieme, le barricate contro il calcio dell’elite multimiliardaria targata 2022 potranno reggere l’ennesimo assalto all’integrità, sperando non sia ormai compromessa, dello sport più praticato al Mondo.