La situazione attuale della Fiorentina non è di facile comprensione. Al momento si ritrova con un organico ristretto, viste le cessioni (eccellenti e non) che hanno caratterizzato questo inizio di calciomercato estivo. Eppure, nella scelta dell’allenatore la società gigliata si era mossa per tempo. Dopo aver vagliato più profili, aveva individuato in Stefano Pioli il tecnico giusto da cui ripartire. Un tecnico reduce da una travagliata mezza stagione sulla panchina dell’Inter ma che conosce già l’ambiente viola, avendolo vissuto da calciatore. I problemi sono semmai cominciati a venire fuori dopo: prima la mancata conferma di Rodríguez, poi i mugugni di Borja Valero e il suo approdo all’Inter, quindi il passaggio di Bernardeschi alla odiata Juventus. Per non parlare di Vecino, Kalinić e Badelj, anche loro in procinto di salutare Firenze a breve.
La diaspora viola, così come è stata ribattezzata da molti media, non accenna a fermarsi. Quando una squadra rivoluziona il proprio organico il capitolo cessioni è sempre quello più doloroso. E per il tifoso non è semplice lasciare andare chi ha idolatrato fino a pochi giorni prima. Ma oltre a questo c’è un fatto ancora più preoccupante. Non sembra ci sia un’ossatura idonea a ricostruire un progetto tecnico vincente e duraturo nel tempo. Chiesa (ammesso che rimanga alla corte dei Della Valle), Astori, Saponara e Sportiello non bastano da soli per ricostruire una squadra che ha perso molti pezzi importanti. La Fiorentina dovrà partire dalle fondamenta, ma nelle ultime tre stagioni non ha certamente brillato quanto a programmazione e acquisti. Analizziamo l’ultimo triennio insieme.
Nell’estate 2014 la società viola porta a termine dieci operazioni in entrata, tra acquisti a titolo definitivo e prestiti. Badelj e Tătărușanu si ritagliano un loro spazio in squadra, ma gli altri otto non incidono. In difesa vengono presi: Basanta, 30enne rude difensore argentino, che dopo una stagione in torna in Messico al Monterrey; Micah Richards, dal City, dieci presenze senza entusiasmare; il croato Bagadur, che finisce subito in Primavera. A centrocampo gli innesti portano il nome di: Joshua Brillante, ala australiana che dopo appena due presenze finisce nel dimenticatoio, prima di essere bocciato anche durante i prestiti a Empoli e Como; Octávio, centrocampista brasiliano che non vede mai realmente il rettangolo verde del Franchi; Jasmin Kurtić, che dopo una stagione discreta non viene riscattato e finisce poi all’Atalanta (facendone le fortune). In attacco arrivano: Beleck, dall’Udinese nell’ambito dell’operazione-Cuadrado, dirottato in prestito per due anni; Marko Marin, ex promessa del calcio tedesco che a Firenze colleziona solo 3 presenze in Europa League e non esordisce mai in A. Nella sessione invernale viene sì prelevato Salah, ma anche Diamanti, Gilardino e Rosi, tutti e tre in prestito e non riconfermati la stagione seguente.
L’estate del 2015 porta in Toscana sette volti nuovi. Tra questi Kalinić, che impatta benissimo nel calcio italiano e si rivela il centravanti ideale per Sousa, e Astori, recentemente insignito della fascia da capitano. Arrivano però anche Luigi Sepe, in prestito dal Napoli, che finisce ben presto ai margini dopo un post polemico su Instagram; il difensore brasiliano Gilberto, autore di sole cinque apparizioni prima di essere dirottato altrove; il centrocampista spagnolo Mario Suárez, che lascia dopo appena nove presenze; il trequartista 32enne Verdú, che a febbraio rescinde e si accasa al Levante; l’attaccante uruguaiano Baéz, che in viola non esordisce mai e viene parcheggiato a Livorno e Spezia. A gennaio la società opera sette ulteriori acquisti, ma ancora senza troppo successo. A parte l’ex canterano Tello, che gioca coi viola per due stagioni (anche se quest’anno è passato al Betis) ci sono: il polacco Błaszczykowski, che ha fine stagione torna al Borussia Dortmund; Tino Costa arriva dallo Spartak a titolo temporaneo ma scende in campo solo sette volte; l’ex attaccante della Lazio Zárate viene prelevato a titolo definitivo ma la sua stagione è altalenante; il greco Kone, che si rivela lontano parente del giocatore visto a Udine; l’uruguaiano Schetino, 3.5 milioni di euro di costo e zero presenze. La ciliegina sulla torta è rappresentata dal Benalouane, che arriva infortunato e non assapora mai la maglia viola.
Arrivando all’ultima stagione, quella appena trascorsa, sono dieci i nuovi acquisti. Il portiere Drągowski viene relegato in Primavera, anche se esordisce nell’ultima gara di campionato contro il Pescara. Nel reparto arretrato le new entry sono: Diks, difensore olandese classe ’96 con due sole presenze in viola prima di tornare in patria in prestito; il laterale croato Milić, ceduto proprio oggi all’Olympiakos; il messicano Salcedo, che scende in campo ben diciotto volte senza però essere riscattato a fine stagione; l’ex Brescia De Maio, impiegato solamente in sei occasioni; l’uruguaiano Olivera, quindici partite senza incantare. A centrocampo le facce nuove sono quelle di: Hagi, figlio d’arte messo a disposizione della squadra Primavera; Cristóforo, mediano ex Siviglia; Carlos Sánchez, che ben presto viene spostato nei tre centrali di difesa; infine Toledo, autentica meteora vista la risoluzione anticipata del prestito e conseguente ritorno in Argentina. In inverno ecco Sportiello (ma Paulo Sousa continua a preferirgli Tata) e Saponara (ma l’ex empolese non viene impiegato molto spesso, per lui solo undici apparizioni).
Ricapitolando, il quadro delle ultime tre stagioni non può considerarsi positivo. Il dato è allarmante, se si considera che sui 40 volti nuovi solamente in pochi hanno lasciato un’impronta ben visibile. La maggior parte dei calciatori prelevati sono stati stranieri: i sette italiani (Diamanti, Gilardino, Rosi, Astori, Sepe, Sportiello, Saponara) rappresentano il 2.8% dell’intera campagna acquisti. Se si considera poi che quelli che hanno realmente inciso, la percentuale scende drasticamente. Certamente, ci sono squadre (l’Udinese su tutte, ndr) che dal mercato internazionale attingono copiosamente. Ma la Fiorentina ha acquistato tanto e male, scegliendo calciatori che si sono rivelati non funzionali al suo progetto. In un calcio moderno che sembra sempre più un gioco manageriale alla Championship Manager, le idee devono pur sempre rimanere. Il vero male della Fiorentina non sono le partenze eccellenti, ma la mancanza di un’idea forte da cui ripartire.