In Primo Piano

Le scarpe della discordia

Provate a immaginarvi la scena seguente. Dovete comprare un paio di scarpe. Vi recate nel vostro negozio di fiducia e, dopo una scelta ponderata, optate per quelle che vi calzano meglio. Quindi pagate alla cassa e ve ne tornate a casa. Una volta rincasati, vostra moglie vi dice che quelle calzature non vanno bene, perché nel frattempo lei vi ha comprato un altro paio, di un’altra marca e tipo. Vi dice che siete obbligati a metterle perché altrimenti chiederà il divorzio.

Quest’ipotesi fantasiosa sembra assurda. Ma purtroppo collima con quello che è successo tra Ivan Zaytsev, giocatore di punta della Nazionale di pallavolo, e la FIPAV. Per ricostruire la vicenda nella sua interezza occorre fare un passo indietro di qualche mese. Lo schiacciatore umbro, forte del successo avuto alle Olimpiadi di Rio del 2016, durante le quali viene premiato come miglior giocatore, sottoscrive un contratto con Adidas per la fornitura delle scarpe da gioco. Un contratto che arricchisce le sue tasche ma che ha perfetta validità, vista la possibilità, per ogni sportivo, di scegliere il proprio outfit. I problemi cominciano a marzo di quest’anno. La Federazione Italiana di Volley decide di sottoscrivere un importante accordo commerciale con un’altra marca, la Mizuno, che per contratto fornirà tutti gli accessori tecnici, scarpe comprese. Il regolamento parla chiaro: tutti i giocatori che vestiranno la maglia della Nazionale dovranno indossare le nuove calzature.

Zaytsev non ci sta. Non vuole giocare con le Mizuno, vuole continuare a usare le sue Adidas. Adduce problemi di carattere medico, sostenendo che le calzature della Nazionale non sono compatibili con i suoi problemi alle caviglie. La Federazione fa muro, impugnando il regolamento alla lettera. I vertici federali minacciano il pallavolista di essere escluso dai prossimi Europei. Comincia l’attività di mediazione, si apre uno spiraglio quando Zaytsev accetta di provare un nuovo paio di scarpe – da basket, non da volley – appositamente recapitategli dal Giappone. Ma il collaudo non è soddisfacente e lo schiacciatore torna sui suoi passi iniziali. A questo punto la FIPAV prende la decisione estrema di estrometterlo dal campionato europeo, attraverso un comunicato ufficiale: “La Federazione Italiana Pallavolo, alla luce di tutte le situazioni che si sono create attorno all’atleta Ivan Zaytsev e alla nota querelle riguardante le sue calzature, ha ritenuto di revocare la sua convocazione per il collegiale della Nazionale Seniores Maschile in corso di svolgimento a Cavalese”. 

L’esclusione, in primis, è un duro colpo per il giocatore. Ma anche per la Nazionale, tra le favorite per la vittoria continentale e chiamata a riscattare la peggior World League dal 1990 a oggi. Zaytsev ha dimostrato in Brasile di essere una spina nel fianco fondamentale per gli azzurri. E privarsi di lui potrebbe essere un autogol. La querelle ha avuto lo strascico che tutti i tifosi volevano evitare. Quello che ci domandiamo è come possa essere successo tutto ciò. È vero che la Federazione ha raggiunto un accordo economico importante e che, tra tutti i giocatori, solamente Zaytsev ha rifiutato di allacciarsi le scarpe Mizuno. Ma non capiamo come uno sportivo non possa scegliersi il proprio brand, il proprio abbigliamento. È giusto che la Nazionale imponga una divisa identica per tutti, ma le scarpe partecipano a una logica completamente differente. Provate a chiedere a un qualunque calciatore o tennista o cestista di indossare scarpe imposte da qualcun altro. Vi guarderebbero storto, quantomeno, oppure vi prenderebbero per pazzi. Con il materiale a propria disposizione ognuno crea un feeling particolare, rompere questo equilibrio può risultare negativamente decisivo per le prestazioni.

I regolamenti in generale servono ma, in alcune circostanze, dovrebbe prevalere il buon senso. E la sensazione è che nella vicenda tra Zaytsev e la FIPAV sia stato perso. Secondo noi il tema andava affrontato seriamente, senza imposizioni di sorta. Poteva essere trovata una soluzione che accontentava entrambe le parti. Senza fare fare moralismi, riteniamo che contratti che portano liquidità siano ben accetti. Ma non bisogna dimenticare che al centro dello sport c’è l’atleta. E basta poco per modificare un grande gesto tecnico in un gesto tecnico mediocre. Uno sportivo deve avere il diritto di scegliersi i propri materiali. Senza se e senza ma.