Brini, ex match analyst di Bucchi: “Ecco perché può fare bene al Sassuolo”
Dopo l’ottimo quarto posto in B alla guida del Perugia, Cristian Bucchi è stato scelto dal Sassuolo per il dopo Di Francesco. Per parlare del neo tecnico neroverde abbiamo contattato Marco Brini, che ha collaborato nella seconda parte della scorsa stagione con mister Bucchi in qualità di match analyst.
Ciao Marco, descrivici la figura del match analyst. Cosa deve analizzare nello specifico?
Vedo l’analisi come strumento d’informazione, di studio. L’obiettivo è quello di non lasciare niente al caso e di curare ogni dettaglio nel pre e nel post gara, come durante la settimana. Ci saranno giornate in cui tutto il lavoro si dissolverà negativamente in tre minuti; il calcio, d’altronde, non è scienza ma credo che nel lungo periodo i buoni frutti vengano a galla. Tendenzialmente operi in due direzioni: sulla tua squadra e sull’avversario da affrontare. Prendi in esame video, numeri, informazioni e cerchi di dar loro un significato, una determinata impronta. Un lavoro splendido.
Come è nata la tua passione per la match analysis?
Ti parla uno che ha fatto anni e anni di gavetta a Football Manager a ritmi serratissimi. Poi, a parte gli scherzi, le prime analisi e i primi libri di Bacconi, ai tempi dell’Italia mondiale. Il primo vero approccio è stato di riflesso: un amico che è passato nel team di Sarri a Napoli proprio in questo campo. Da lì i corsi, qualche altro libro e l’iscrizione all’albo di Panini Digital e all’Aiapc, l’associazione degli analisti.
Non tutte le società professionistiche hanno un match analyst, secondo te perché? C’è un certo scetticismo a riguardo?
Ma no, credo stiano andando già tutte in questa direzione. Siamo arrivati ad un calcio digitale, in cui tutto è sotto la lente d’ingrandimento e penso che una figura del genere possa assolutamente giovare all’interno di uno staff.
In che tipo di situazioni di gioco lo studio statistico, di solito, si rivela più utile?
Cristian voleva tanta scrematura nei numeri. Cercavo di passare in rassegna quanti più dati possibili, poi gli giravo quelli che credevo fossero più significativi e più consoni all’obiettivo. Ognuno magari ha una funzione diversa e viene “utilizzato” in momenti diversi. In fase di preparazione della gara, ad esempio, il mister voleva quante più informazioni possibili sull’andamento, sull’approccio e sulla gestione tipo della gara da parte della squadra avversaria.
Che tipo di allenatore è Cristian Bucchi?
Umile, eclettico, intelligente. Non ha schemi mentali fissi e ottusi, ascolta tutti, non è permaloso e fa tesoro di ogni critica. Riesce ad avere un ottimo rapporto con ogni giocatore pur rimanendo formalmente l’allenatore.
Sassuolo è la piazza giusta per fare il salto in Serie A?
Sicuramente. È una piazza importante, con tante risorse, una società molto ben strutturata, anche dal punto di vista medico o propriamente di video-analisi. Il mister arriva in un momento delicato, con una mini-rivoluzione in atto, ma son certo che saprà farsi valere e prendersi il palcoscenico.
Svelaci i segreti del suo calcio. Come è il Bucchi tattico?
Ragionevolmente pazzo. La chiave tattica della sua ascesa credo sia da ritrovare nelle rotazioni dei suoi centrocampisti in fase di costruzione. Tanti movimenti, mai convenzionali. Chi trova uno spazio lo deve attaccare, non importa che sia il play, una mezzala o il trequartista. Il diktat è mai dare riferimenti. Questo lavoro, gioco forza, potrebbe avere delle ricadute sui difensori, lasciati spesso all’uno contro uno. In realtà problematiche solo teoriche però, perché difficilmente abbassa la linea oltre la zona 1 mettendo così tanta distanza tra l’avversario e la porta. A Perugia, inoltre, contava anche su un pacchetto difensivo fortissimo per la categoria.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ho un sogno: farne il lavoro della vita. Devo formarmi molto e poi metterci tutto me stesso proprio per non lasciare nulla di intentato. Poi chissà, nella vita ci son talmente tante variabili…