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Çalhanoğlu e le tradizioni turche

Le tradizioni, si sa, a volte vengono invertite. O almeno è quello che sperano i tifosi milanisti, dopo il recente acquisto di Çalhanoğlu. Niente da dire sulle sue qualità, visto che stiamo parlando di un classe ’94 molto promettente che al Bayer Leverkusen ha fatto vedere grandi cose. Il calciatore ha tutte le carte in regole per sfondare in Italia, in virtù di una tecnica e di un eclettismo che gli vengono riconosciuti dalla maggior parte degli addetti ai lavori. Semmai preoccupa la tradizione, negativa, che ha quasi sempre contraddistinto i calciatori turchi in Italia.

Andando a ritroso, l’ultimo a essere approdato nel campionato italiano è stato il terzino Caner Erkin, prelevato dall’Inter, ma mai impiegato e ceduto a tempo di record al Beşiktaş. Prima ancora era stata la volta del 20enne Salih Uçan. Coetaneo di Çalhanoğlu, il centrocampista viene acquistato dalla Roma nel 2014 in prestito oneroso con diritto di riscatto. Il capelluto centrocampista paga caro le difficoltà di ambientamento e Spalletti lo impiega sporadicamente, sia nella prima che nella seconda stagione in giallorosso. Al termine del prestito biennale, per il quale la Roma aveva sborsato più di quattro milioni, non viene riconfermato e fa ritorno nella sua squadra di appartenenza, il Fenerbahçe, senza troppi rimpianti.

Ma è dal 2000 che si assiste al periodo di maggior concentrazione di calciatori turchi in Italia. Complice l’exploit del Galatasaray in Europa – nel 1999-2000 la formazione allenata da Fatih Terim vince la Coppa UEFA in finale contro l’Arsenal – arrivano Hakan Şükür, Emre Belözoğlu, Okan Buruk e Ümit Davala. 
I primi tre vengono “importati” dall’Inter. Per il centravanti Hakan Şükür si tratta di un ritorno, visto che aveva già indossato la maglia del Torino nel 1995, senza riuscire però a lasciare traccia. Rimane in nerazzurro solo una stagione, siglando cinque reti in ventiquattro partite totali. Poi passa al Parma, con cui vince una Coppa Italia. Emre Belözoğlu è forse quello che gestisce meglio il suo impatto con il calcio italiano. Lo testimoniano le quattro stagioni consecutive con la maglia del club milanese, che gli permettono di giocare con una certa costanza. Okan Buruk, centrocampista duttile che può giocare sia a destra che a sinistra, non ha la stessa fortuna e, pur rimanendo all’Inter fino al 2004, colleziona solamente una ventina di presenze. Infine, Ümit Davala. Il centrocampista arriva al Milan, voluto da Terim, che nel frattempo si era insediato sulla panchina rossonera. Ma l’esonero del suo mentore e il contemporaneo ingaggio di Carlo Ancelotti quale nuovo allenatore, si rivelano negativi e finisce presto ai margini. Ümit rimane forse più celebre per il successivo scambio – fatto con l’Inter, manco a dirlo – con il difensore Dario Šimić, negli anni in cui il gioco delle plusvalenze faceva scoppiettare le calde estati del calciomercato.

Hakan Çalhanoğlu – che di Ümit è anche concittadino, visto che entrambi sono nati a Mannheim, in Germania – può ribaltare la storia e riabilitare il calcio turco. Ma per farlo dovrà sovvertire una tradizione che sembra ben radicata in Italia.