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E ora Fabio può sbancAru il Tour de France?

1833,7. Sono i chilometri che separano l’altopiano della Sierra Nevada in Spagna da Ivrea, Piemonte, Italia. Sono i chilometri di un percorso ideale durato due mesi e mezzo, da domenica 9 aprile a domenica 25 giugno. Con un unico comune denominatore: Fabio Aru.

Nella Domenica delle Palme, mentre si trovava in altura nella nota località dell’Andalusia, la caduta che gli ha provocato lo schiacciamento del ginocchio sinistro. Un dolore fisico al quale si è aggiunto subito uno più lancinante: la conseguente rinuncia al Giro d’Italia numero 100, che partiva proprio dalla sua Sardegna. Poi, il recupero. Il ritorno alle corse, un Giro del Delfinato dove ha fatto intravedere ottime cose. E il Campionato Italiano di domenica scorsa ad Ivreavinto in maniera chiara e limpida. Nel corso dell’ultimo passaggio sull’ascesa sulla salita di La Serra, Aru non ha sentito la catena e si è involato verso il traguardo dimostrando di avere davvero una gran gamba. E ora tutti i sostenitori italiani stanno iniziando a sognare a occhi aperti, in vista del Tour de France che scatta sabato prossimo da Düsseldorf (Germania). La domanda è lecita: Fabio Aru può far saltare il banco alla Grande Boucle? Vediamo la “pars costruens” e la “pars destruens” del quesito.

Perché sì – Da un cinque anni a questa parte sono quattro i corridori che, alla vigilia dei Grandi Giri, partono sempre con una “stellina” in più rispetto agli altri. In rigoroso ordine alfabetico: Contador, Froome, Nibali e Quintana. Ebbene, dei magnifici quattro il siciliano della Bahrain-Merida resta a casa mentre la stagione di Contador parrebbe far vedere come la carta d’identità – il madrileno è classe 1982 – stia presentando il conto al corridore della Trek-Segafredo. Restano Quintana e Froome. Ma il primo ha disputato il Giro d’Italia e la storia insegna come il doppio impegno Giro-Tour è qualcosa di indigesto per tutti i corridori negli ultimi anni, il secondo – tre volte Maglia Gialla negli ultimi quattro anni – per la prima volta si avvicina alla partenza della Grande Boucle senza aver vinto una corsa a tappe in stagione. E che in casa Sky vi siano dei dubbi sul britannico lo dimostra anche la convocazione all’ultimo minuto di Mikel Landa. Il basco era destinato alla Vuelta dopo un buon Giro d’Italia nonostante le velleità di classifica venute meno per l’inopinata caduta di squadra nella tappa del BlockHaus e invece è stato dirottato al Tour. Un segnale della potenza del team inglese (che potrà contare anche su Nieve, Henao e Thomas) che però, allo stesso tempo, trasuda di incertezze sulla condizione di Froome. Poi, ci sono gli altri. Ma i vari Bardet, Chaves, Simon Yates, Meintjes allo stato attuale non possono impensierire seriamente Aru. Forse, vi sono due nomi da tenere seriamente sott’occhio: Richie Porte (BMC) e Rafal Majka (Bora-Hansgrohe). Ecco, questi se saranno al 100% potrebbero essere al livello di Froome e Quintana. E saranno nel caso avversari da non sottovalutare. E poi, la freschezza atletica. Fabio – a causa dell’infortunio – non ha potuto correre molto. Quindi, ha nel suo “motore” riserve di energie sicuramente maggiori rispetto a quelle dei suoi avversari. Energie che potrebbero tornare molto utili, soprattutto nell’ultima settimana. Da non sottovalutare, poi, l’effetto Beppe Martinelli e la coppia con Jakob Fuglsang. Il sardo e il danese hanno corso d’amore e d’accordo al Delfinato (vinto proprio dallo stesso Fuglsang) e hanno tutte le intenzioni di ripetere lo stesso anche al Tour. A differenza di tutti quanti, però, il sardo dell’Astana sa già che nei momenti di difficoltà pedalerà con quattro gambe. Le altre due saranno situate nel suo cuore e saranno quelle di un angelo che veglierà su di lui dall’Alto. Le gambe di Michele Scarponi.

Perché no – La freschezza atletica e il non aver corso molto, dicevamo. Un’arma che può essere a “doppio taglio”. Perché c’è purtroppo il rischio che Fabio Aru sia adesso “troppo avanti” nella condizione. E che nell’ultima settimana, che comprende Galibier e Izoard, possa pagare dazio nei confronti dei propri avversari. Come può essere a “doppio taglio” la coabitazione con Fuglsang. Se, puta caso, a La Planche des Belles Filles, primo arrivo in salita di questo Tour che arriva già al quarto giorno, il danese si ritrovasse in Maglia Gialla (ipotesi tutt’altra che campata in aria), sarebbe complicato per Aru tornare a riprendersi i gradi di capitano della formazione kazaka.

Ma alla fine, come è sempre accaduto, sempre accade e sempre accadrà, nel ciclismo vi è un solo giudice, supremo e inappellabile: la strada. Ajò Fabio!