Continua il nostro viaggio alla scoperta delle squadre che saranno protagoniste nel prossimo Europeo Under 21 che si svolgerà in Polonia: dopo il Portogallo, oggi vivisezioniamo anche la selezione della Serbia. La nazionale balcanica è inserita nel Girone B con il Portogallo, la Spagna e la Macedonia.
PERCORSO DI QUALIFICAZIONE – Come in tanti ricorderanno molto bene, la Serbia ha rappresentato il principale ostacolo alla qualificazione diretta verso Polonia 2017 per gli Azzurrini che, alla fine, l’hanno spuntata, relegando i balcanici al secondo posto grazie a un solo, piccolo fondamentale punto in classifica. Tutto ciò ha costretto i serbi a passare per le forche caudine dello spareggio con la Norvegia, passato grazie al 2-0 casalingo che ha consentito agli allora uomini di Sivić di sopravvivere alla sconfitta col minimo scarto patita nel ritorno. Nel complesso un percorso senz’altro positivo che però ha visto anche diverse ombre oltre alle luci della qualificazione, specie considerando che questa squadra è figlia di quella che vinse i Mondiali di categoria due anni fa. La Serbia è indubbiamente una squadra decisamente prolifica sotto rete ma che tende anche a subire gol ed è probabilmente questo il dato che emerge di più dal loro iter di qualificazione.
L’ALLENATORE – Nenad Lalatović è la personificazione del concetto di “marginale del calcio” che tanto può regalare a chi piace immergersi nelle pieghe dei personaggi più astrusi del mondo del pallone. Calciatore totalmente trascurabile se si eccettua (e nemmeno troppo) la sua parentesi alla Stella Rossa, il quasi quarantenne di Belgrado non ha raccolto granché nemmeno da allenatore. Il suo unico contatto con l’Italia è fin qui stato il prestigioso scalpo della Sampdoria colto col Vojvodina in un infausto turno preliminare di Europa League nell’estate 2015, forse uno dei successi più grandi della sua carriera in panchina. Promosso (dopo aver passato meno di un anno come CT dell’Under 20 senza però disputare nessuna gara) dalla federcalcio serba in fretta e furia lo scorso marzo al posto del dimissionario Tomislav Sivić che, comunque, gli ha lasciato in eredità la qualificazione agli Europei arrivata tramite spareggio con la Norvegia, Lalatović ha fin qui diretto i suoi ragazzi in una sola partita (vinta) contro la Svezia.
LE STELLE DELLA SQUADRA – Il nucleo del gruppo è fondamentalmente ancora quello che ha vinto i Mondiali Under 20, con alcune defezioni dovute al divieto dei club di concedere ai loro giocatori di unirsi alla Nazionale o agli infortuni o alle carriere già arenate di qualcuno dei protagonisti di quell’impresa; a rimpolpare i ranghi, comunque, ci sono altri talenti emersi nel corso degli ultimi ventiquattro mesi. Due anni fa la stella più luminosa della compagine era indubbiamente Nemanja Maksimović che, dal prossimo anno, giocherà al Valencia dopo circa un triennio speso a giocare in Kazakistan, lontano dai riflettori continentali. L’assenza di Sergej Milinković-Savić, a cui Lotito ha chiesto di non partecipare, per forza di cose responsabilizzerà il centrocampista ormai ex Astana e, con lui, Marko Grujić, attualmente al Liverpool (anche se da riserva). Dietro, Miloš Veljković coordinerà le operazioni difensive mentre le fasce verranno probabilmente presidiate dalla coppia Antonov-Gajić, ormai inossidabile da diversi anni a livello giovanile.
Davanti la questione si fa interessante perché, con tutta probabilità, si divideranno il “palco” Živković, Djurdjević e Čavrić, il tridente schierato più spesso nell’ultimo biennio. Uroš Djurdjević a Palermo non ha avuto fortuna così come non ha avuta ad Arnhem l’anno prima ma negli ultimi dieci mesi è letteralmente esploso: 28 gol in 34 presenze con la maglia del Partizan e domestic double serbo. Anche con la Nazionale Djurdjević coltiva un ottimo rapporto, visto che da marzo 2016 a oggi ha giocato 9 gare segnando 7 reti. Se c’è un giocatore di questa Serbia che arriva agli Europei con le stimmate del salvatore della patria, questi è proprio l’ex Palermo.
MODULO E TATTICA – Come si diceva, essendo che Lalatović è in carica da tre mesi, la squadra non ha una sua impronta e, anzi, ovviamente conserva l’intelaiatura precedente che, a sua volta, si è innestata sullo scheletro del 4-2-3-1 pensato due anni fa da Paunović. Dopo due stagioni di evoluzione, adesso la squadra pare incardinata su un 4-3-3 stretto parente del modulo del 2015 che, però, avendo adesso perso Milinković-Savić, probabilmente sarà più schiacciato in mediana e meno teso ad avvicinarsi al centravanti. Comunque sia la questione, il meccanismo della sovrapposizione dei due terzini rispetto ai due esterni alti e la ricerca dell’inserimento in profondità delle mezzali restano un grande classico di questa formazione.